*Il Grande Sogno di Maya - ガラスの仮面 - Glass no Kamen  - Glass Mask - Manga, Anime, Drama

Votes taken by {Axel~

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    CITAZIONE (.Rossella. @ 5/5/2021, 18:14) 


    Avviso all'autrice {Axel~ : purtroppo le immagini che avevi caricato non sono più visibili, ti chiedo se puoi la cortesia di ricaricare in prima pagina nuovamente le immagini, altrimenti dovrò chiudere il topic e spostarlo nella sezione "FanArt Offline". Spero leggerai presto questo avviso e che tu possa dare risposta, grazie :arigato:

    Grazie dell'avviso, purtroppo col passare del tempo tanti siti di sharing sono stati chiusi... Dovrò dare un'occhiata agli altri miei topic in questa sezione e sistemare i danni :sudo: Grazie ancora, sistemo subito :ave:
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    CITAZIONE (katandra @ 30/6/2014, 19:19) 
    Midousuji :sciok: ...
    .già mi ha sotterrata nell'ultimo episodio :dead: ...fatico mentalmente ad inquadrarlo in qualcosa che conosco e che posso tollerare,non riesco a non vederlo sleale ....è sfuggente ed inclassificabile come un extraterrestre per me ora come ora,aspetto fiduciosa che lo svelino, non può essere solo che un personaggio al quale faresti bere un topicida...mi rifiuto di pensarlo.....

    Esattamente, ciò che preme sapere di un personaggio del genere non è il cosa o il come, ma il perché! Come hai già detto, i giapponesi sono bravi nella costruzione dei personaggi, e in particolare mi pare lo sia l'autore di YowaPeda, quindi... non ci resta che aspettare! E, per rimanere in tema, direi che c'è ancora un po' da pedalare prima di vedere le nuove puntate :ihihi: :bast:
  3. .
    Faccio una comparsata per commentare un anime che... non si può non commentare! :ooo:
    Posso solo dire che amo i "nostri" senpai alla follia, Kinjou e Makishima al primo posto pari merito :love:
    Perché li amo? Perché sono riusciti a farmi apprezzare sul serio uno sport a cui prima non avrei dato un soldo!
    Sono rimasta veramente affascinata dal ciclismo e, perché no, dal suo essere non solo intellettuale, ma anche psicologico. Non che mi faccia impazzire l'idea di applicare la psicologia allo sport... tuttavia, si ha prontamente la dimostrazione di chi fa buon uso di questo lato mentale e chi invece ne approfitta spudoratamente.
    Risultato: c'è talmente tanto entusiasmo nell'atmosfera di questa storia che quasi quasi mi viene voglia di recuperare la mia vecchia bici che giace impolverata chissà dove! :ahah:
    Assolutamente notevole la varietà psicologica dei personaggi, mai omologati alle varie categorie.
    Infine, un argomento moooolto scottante per una certa persona qui in giro (non facciamo nomi :inz: ): Midousuji!
    È chiaro che il tipo è un tantino... diversamente sociale! Mi dà l'idea di un personaggio costruito in modo molto complesso.
    Dati i risultati alla pari del primo giorno di Inter High e nonostante i suoi trionfi nelle ultime puntate uscite, mi pare tutt'altro che invincibile... in certe sue frasi sembra nascondersi qualcosa. Chissà se scopriremo qualcosa in più su di lui nella prossima serie!

    Alla prossima puntata... Che sarà anche l'ultima :bast:
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    Visto che, come si suol dire, chi non muore si rivede, eccomi qui di nuovo sul forum con una fanart, o meglio, un tentativo, visto che non si tratta del mio disegno più curato (ma quando mai? :ahah: )... Mi fa comunque piacere condividerlo, soprattutto per la cara Kezia! :arigato: :rossor:

    Hijiri



    :bye:

    Edited by {Axel~ - 6/5/2021, 09:00
  5. .
    I miei complimenti alle vincitrici, una vittoria meritata. :love: Ma è stata una sfida incredibile, tutte le partecipanti hanno dato grande prova di sé. È stato un grande piacere leggere i vostri lavori! :clap: Spero di leggervi nei prossimi contest. Di nuovo complimenti a tutte voi che ci avete allietato con le vostre splendide storie!
  6. .
    Scene erotiche: no

    Maya_summer



    Edited by {Axel~ - 6/5/2021, 09:03
  7. .
    Grazie Forum, grazie per questi quasi due anni che sono qui, dei tre che sei online. E rivolgendomi al forum mi riferisco a Rossella, alle moderatrici e a tutte quante ho incontrato nei tanti topic. Ho conosciuto persone stupende, perché tutte siete fantastiche, ho stretto amicizie di cui non posso che essere felice. Abbiamo condiviso le nostre passioni e, spesso, ne abbiamo trovate di nuove. C'è sempre qualcosa da imparare e da dare, da tutti e a tutti, e in una vita che sembra sempre instabile, aprire una pagina web e trovare quella che a tutti gli effetti è una grande famiglia non ha prezzo.
    Tanti Auguri, forum! :bara:

    P.S.: ovviamente, congratulazioni a Rossella. :love:
  8. .
    Giuuuu! :D Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente te e Kezia per la fiducia. :arigato: :love:

    Giallo, ricevere un apprezzamento simile da te, che hai dato prova delle tue capacità più di una volta e con risultati superlativi, non può che darmi una gioia enorme. Grazie grazie grazie! :love:
  9. .
    Le chansons francesi di fine Ottocento mi fanno decisamente un brutto effetto... :uhm:

    Titolo: L'ambre exquise

    Autore: {Axel~

    Protagonisti: Axel-Florel, Lucien

    Breve Descrizione: M/M novella* (Boys' Love)

    Numero di Capitoli: Capitolo unico

    Genere: Racconto originale

    Contenuti Erotici:

    *grazie editio! :arigato:

    N.B.: sì, "von Aschenbach" è una diretta citazione de La morte a Venezia. :love:
    N.B. 2: spero di non risultare troppo sfrontata o spinta in certe scene. In caso contrario, sono aperta ad ogni tipo di critica, purché sia costruttiva. Non ho dubbi sulla costruttività dei vostri post, del resto. :arigato: :rossor:
    N.B. 3: sono debitrice a questo brano per il titolo (sotto spoiler):

    N.B. 4: apprezzo di buon grado ogni osservazione per quanto riguarda la linearità delle frasi. Molto spesso mi sono intrecciata il cervello da sola. :pecche:

    Grazie a Esme, che ha sempre tanto da insegnarmi.
    Grazie a Kezia e a Giugiola, che hanno insistito per leggerla.


    Caldo. Un caldo asfissiante, un’afa d’ambiente chiuso che si schiaccia sugli abiti e li preme sulla mia pelle insofferente.
    Tutt’intorno, un bubbolio indistinto di voci e il cadenzare insistente di tacchi femminili.
    I più decantano questa tetra atmosfera come la classe delle meravigliose feste danzanti di villa Marseille-Dupont; in tutta sincerità, è solo il prezzo, alla fine non così caro, del mio dilettarmi con la mirabile opera tecnica e artigiana che è questo pianoforte in legno intarsiato, rassicurato dai drappi bianchi che separano questa nicchia dal resto dell’ampio salone ingiallito.
    Consolato dalla lieve penombra di questo rifugio, chiudo gli occhi e, portando le mani sui tasti d’ebano, mi abbandono ad un respiro profondo; la fragranza delle rose, sistemate alle mie spalle in un ampio vaso semiopaco, si premura di celarmi i pungenti profumi di cui le donne, vanitose nelle loro movenze leggere, adorano cospargersi abbondantemente.
    Sollevando le palpebre, soffermo per qualche istante lo sguardo sulle note sottili vergate nel bianco del foglio poggiato sul leggio, di fronte a me.
    Chinandomi leggermente in avanti, lascio che il mio peso spinga giù le dita e il martelletto percuota dolcemente le corde metalliche. Le mani fremono, i polpastrelli barcollano come equilibristi sul nero confine di più ampi spazi candidi e invitanti; c’è un sublime fascino nell’azzardare tonalità improbabili e godere di nuove vibrazioni. Il mio amico Gabriel lo sa bene, e per questo, tra un brano d’organo e un esercizio di sacra coralità, trova sempre del tempo per sussurrare ai pentagrammi di carta straccia una breve canzone per me.
    Il vociare si fa fastidioso, ma non me ne curo; traggo un lungo respiro e, modulandolo con il diaframma, lascio che la mia voce in falsetto vibri sul mio viso e, così amplificata, correndo in alto fino al soffitto curvo, nella sala.
    Come mi aspettavo, il cicaleggiare sonoro si fa mormorio sommesso, probabilmente di disappunto. Tanto meglio, il loro interesse, benché civettuolo, mi lusinga.
    Il brano si esaurisce tristemente in pochi minuti. Dopo che le mie braccia sono tornate a cadere pesantemente lungo i miei fianchi, il falso silenzio indugia qualche istante attorno a me, rotto all’improvviso da un rumore di passi ormai noto.
    Finalmente i tonfi sottili si esauriscono nel rinnovato brulicare di voci, mentre un’ombra lunga si disegna sul pavimento fumoso.
    -Ô mon Florel, mi piacerebbe poter cogliere anche in minima parte il piacere che provate a far mormorare così i miei ospiti.
    Non riesco ad evitare di ridere di fronte ai modi affabili del mio mecenate.
    -Sottile ironia per comunicarmi quanto apprezziate i miei futili divertimenti. Sbaglio, mio caro Gustave?
    -Non c’è gusto a giocar di parola con voi. Mi permetto però di correggere la vostra osservazione…
    Con movimenti lesti chiude alle sue spalle la coltre di tende dietro cui sono solito crogiolarmi e, chinatosi su di me, mi sorride sornione col suo viso affilato.
    -Il tuo arrotare rocamente i gorgheggi di una primadonna è non solo lodevole, ma anche oltremodo eccitante.
    La tentazione di ignorare la sua ammaliante richiesta di un bacio è troppo grande.
    Chiudo gli occhi e sorrido sfacciatamente.
    -Quale compenso mi proponete per le mie esecuzioni?
    Un’istantanea smorfia di disappunto mi sfiora il viso.
    -Ô superbe, cosa vi aspettate da me?
    -Ciò che mi date ogni volta, nulla di più e nulla di meno-mormoro, saggiando con le mani la deliziosa consistenza dei muscoli del suo petto. L’idea di stuzzicarlo ulteriormente è incredibilmente allettante, almeno quanto la sua prestanza fisica.
    -Non vi interessa altro, del resto.
    -Dalle vostre parole pare proprio che mi consideriate un povero assetato di piacere. È molto triste, perché di fatto è molto difficile resistere alla vostra avvenenza e alle vostre arti amatorie, Gustave.
    Ormai impazienti, le sue labbra si tuffano per qualche istante sul mio collo.
    -Siete un perfido adulatore.
    -Adoro compiacermi di essere l’oggetto dei vostri desideri e delle vostre necessità carnali, mon cher.
    Dopo aver lasciato un sospiro sulla mia pelle, si allontana con aria divertita e, scostando la tenda, si volge verso di me con un sorriso alquanto intrigante.
    -Allora devo aspettarmi che siate l’ultimo a lasciare la mia casa, questa sera?
    Lascio che il mio sguardo scivoli oltre la sua figura, cercando invano qualcosa o qualcuno che possa farmi cambiare idea.
    -Ogni vostro desiderio è…
    No, mi sbagliavo.
    Giusto sotto al braccio teso di Gustave, uno sguardo d’ambra in lontananza scintilla al mio indirizzo.
    Devo ammettere che mai ho incontrato due occhi così attenti e vivaci.
    Mi stanno studiando, è evidente, si percepisce da come stanno disegnando la mia figura nell’aria.
    -Ô Florel, volete forse mettermi nella condizione di dover dedicare la mia attenzione alle fascinose tesi del marchese d’Henri-Lesquise?
    Generalmente l’emergere palese sul mio volto del mio stato d’animo mi irrita profondamente; ora invece ho un orribile presentimento del motivo per cui le maliziose insinuazioni di Gustave sulla mia attenzione dirottata non mi tocchino minimamente.
    -Trovo curioso il vostro interesse per le miniature d’uomo, comte de Marseille-Dupont. Il marchese ne è un esempio calzante, perfettamente proporzionato in ogni parte del suo corpo.
    -V’ho inteso, mon cher. Ma in base a quale legge sapete definire ciò che è nascosto secondo la bassa statura del marchese, che vi ostinate a rimirare di lontano con aria – lasciate che ve lo dica – piuttosto ilare?
    -È sufficiente la costante temporale con cui voi, dopo una notte di gingilli con il grazioso balocco parlante, teso di insoddisfazione, vi presentate nuovamente a me e tentate di allettarmi con parole colme di aspettative.
    Accolgo con inaspettato sollievo la sua risata conclusiva e il rumore indistinto dei suoi passi.
    Impiego del tempo ad accorgermi di aver mantenuto per tutto il tempo lo sguardo sugli occhi sconosciuti che, a poco a poco, si sono fatti sfuggenti e, per questo, intriganti.
    Potrei facilmente scorrere con gli occhi sulla sua figura, che già dall’angolazione dei miei occhi mi pare di statura elevata, ma non lo farò: voglio averlo vicino per esaminare con attenzione i dettagli indispensabili che sfuggono con la distanza.
    La sua distrazione vigilante è un dolce invito a chiamarlo a me con l’aiuto del mio amico d’avorio e d’ebano.
    Giusto dietro a questa malinconica canzone nata dalla penna di Gabriel si cela una melodia sottile dal gusto iberico, modaiolo senza dubbio, ma molto d’effetto.
    Lancio un’occhiata ai due fuochi d’ambra e, appena mi accorgo che essi hanno colto il mio messaggio, mi abbandono al fremere di note veloci sulla tastiera, rinunciando in modo pressoché indolore ai miei giochi in falsetto.

    L’air est embaumé, la nuit est sereine
    Et mon âme est pleine de pensiers joyeux;
    Ô bien-aimée, viens! Ô bien-aimée,
    Voici l’instant de l’amour!


    Distolgo lo sguardo dalle note per qualche istante, giusto il tempo di constatare come questo mio tacito amico di sguardi abbia dato inizio ad una danza impercettibile sulla strada del mio rifugio.

    Dans les bois profonds, où les fleurs s’endorment,
    Où chantent les sources;
    Vite, enfuyons-nous, enfuyons-nous!
    Vois, la lune est claire et nous sourit dans le ciel.
    Les yeux indiscrets ne sont plus à craindre,
    Viens, ô bien aimée, la nuit protège ton front rougissant!
    La nuit est sereine, apaise mon coeur…
    Viens ô bien-aimée!
    La nuit est sereine, apaise mon coeur…
    C’est l’heure d’amour, c’est l’heure!
    *

    Sottile godimento, far muovere le persone al proprio ritmo, come investigatori ansiosi di scoprire tracce di un accento in un mare vivido e incostante di note, piacere ora amplificato dal gioco che ho ingaggiato con quegli occhi!
    Sono sempre più vicini, ormai iniziano ad apparire e scomparire dallo spiraglio di luce che raggiunge il mio spazio privato.
    Quando finalmente le mie dita trovano requie sull’accordo finale, colgo con un inatteso colpo al cuore un battito di mani provenire dall’ombra che si è accostata alle porte del mio piccolo regno.
    -I miei più vivi complimenti per la vostra tecnica pianistica, nonché per le sublimi doti vocali.
    Una voce profonda e sonora sgorga da labbra sottili, dischiuse benevolmente su un viso dall’ovale perfetto e dal colorito rubicondo.
    Senza indugiare troppo a lungo, mi alzo in piedi e mi avvicino al mio nuovo amico dagli occhi d’ambra.
    La sua statura, che mi sovrasta di due o tre dita, è ancora più evidente ora che gli sono davanti, così come il suo portamento elegante e il suo corpo perfettamente cesellato di muscoli, dalle spalle ampie agli energici polpacci che tendono il tessuto dei pantaloni.
    -È per me motivo di profondo orgoglio sentir pronunciare parole d’apprezzamento da parte di una persona con cui non ho ancora avuto il piacere di intrattenermi.
    Sorridendo graziosamente, mi porge la mano e accenna con il capo ad un inchino.
    -Sappiate che da questa sera avrete in Lucien de la Rouche-Martin un vostro fervente ammiratore, monsieur…
    - Axel Florien von Aschenbach, per servirvi. Per voi sarò semplicemente Axel.
    Il suo sguardo si fa incerto, mentre un vago sentore di piacevolezza mi pervade le membra al percepire la stretta decisa delle sue dita esili e del suo palmo ampio.
    -Curioso come i più vi chiamino Florel.
    -Ci tengo a che voi conosciate un lato inedito della mia persona.
    Speravo di sorprenderlo sussurrando le mie ultime parole al suo orecchio; la sottile risata che ottengo in risposta pare rassicurarmi sull’obiettivo raggiunto.
    Ora che il mio viso quasi sfiora le sue guance rase di fresco, distinguo con sommo piacere una deliziosa fragranza agrumata, petali carnosi che si schiudono al tepore della sua pelle.
    -Mi lusingate con una dichiarazione di sincerità o vi prendete gioco di me… Axel?
    Il suono aspro del mio nome, così dolce nei toni gravi della sua voce, mi sorprende e, al tempo stesso, mi consola di un’ansia che non mi ero accorto di provare.
    -A voi scoprirlo, monsieur Lucien.
    Torno con pochi passi al pianoforte, mentre Lucien mi guarda e cerca di comunicarmi il suo desiderio di seguirmi con movimenti insistenti dei piedi.
    -Hic leones non sunt, monsieur,- lo invito dopo un momento di soave incertezza,-potete entrare. Se vi sentite a disagio, potete lasciare la tenda scostata.
    Interessante personaggio, il mio nuovo amico: con un baluginare di fuoco negli occhi, avanza risoluto e, accostando il tessuto leggero, accetta la mia tacita sfida senza battere ciglio.
    Improvviso qualche anonimo accordo in attesa che egli mi raggiunga.
    -Da come muovete le mani sulla tastiera, mi pare improbabile vi esprimiate esclusivamente attraverso la creatività altrui.
    -Avete ben indovinato; tuttavia, i frutti della mia mente sono meri divertimenti di lussuria non espressa.
    -Sono lo stesso ansioso di gustarli.
    I brividi di piacere che questo interesse suscita in me non preannunciano nulla di buono, anche se le mie membra frementi e il mio cuore eccitato sembrano accoglierli in maniera ben diversa.
    Anche le mie mani sembrano risentire della sua presenza; scivolano tra i tasti come ubriache, sembrano sfuggire al mio controllo ed essere risucchiate dall’avorio.
    Fruscii leggeri alle mie spalle tratteggiano i movimenti controllati di Lucien, tutto teso ad avvicinarsi a me.
    Ecco che ora, approfittando di un momento in cui lo sforzo canoro mi tende la schiena, si accosta con cautela al mio corpo, lasciandomi percepire il suo calore.
    Probabilmente si aspetta di udire un fremito nella mia voce, orgoglioso dell’interesse che gli ho mostrato fin troppo apertamente; io, invece, lo confonderò, ho appreso da tempo a convogliare in un vibrato le tensioni inaspettate.
    Non appena il suono del pianoforte torna a spandersi solitario per l’aria, Lucien torna al contrattacco sfiorandomi il collo con le dita.
    Straordinariamente intenso è il brivido che corre lungo la mia schiena; dichiararlo apertamente sarà molto più interessante che continuare a nascondermi. Nulla è più sottile del rivelarsi in modo apparentemente totale.
    Conclusa la mia esecuzione, cedo quindi alla tentazione di aderire io stesso a lui, lasciandomi cadere giù lentamente fino ad incontrare il suo bacino.
    La sua eccitazione si fa percepire sfacciatamente attraverso i pantaloni, ardente tra le mie spalle.
    -Spero di potermi sentire profondamente onorato per aver suscitato in voi copiose riflessioni, monsieur Lucien.
    -La vostra musica mi affascina profondamente.
    -C’è di ben più fascinoso di cui godere. Ascoltate…
    Accenno a qualche deliziosissima melodia donatami da Gabriel, fingendo indifferenza per la sua crescente tensione.
    -Affascinante, senza dubbio-mormora, scorrendo con le mani sulle mie spalle.
    -Caro Lucien, questi sono i modelli a cui attingo colori e suggestioni. Converrete con me che la grazia di queste linee melodiche è quasi casta e voluttuosa a un tempo.
    -Avete ragione.
    Non si cura minimamente delle mie parole, è evidente dal diletto con cui le sue dita seguono le pieghe della mia camicia.
    -Sembrerò pazzo,-proseguo, con la vaga idea di stuzzicare la sua attenzione,-ma mi piace paragonarle ad un tenero fanciullo nudo che, sotto lo sguardo impudente di un qualche perverso vegliardo, si ribella con uno sguardo sprezzante e timoroso, pur non pensando di celare alla vista di lui le sue pudenda.
    -Immagine molto calzante, Axel, nonché assai audace.
    -Audace? Mai quanto voi, monsieur.
    -È facile osare se non si incontra resistenza alcuna-sussurra infine al mio orecchio, carezzando lentamente la mia schiena.
    Senza capacitarmene, il mio corpo in preda ad una spasmodica tensione, mi sollevo in piedi e, prendendolo per i fianchi, lo spingo contro il muro con il mio stesso peso.
    I suoi occhi d’ambra scintillano mentre mi prende il viso tra le mani.
    -Non aspettavo altro da quando vi ho visto per la prima volta, Axel.
    -Ben poco tempo è trascorso, amico mio- mormoro sulle sue labbra, ebbro di un dolcissimo senso di soddisfazione,-son soltanto due canzoni che sento su di me il vostro sguardo.
    -Ma è indegno di considerazione tutto il tempo che ho trascorso senza conoscervi.
    Fingo di accettare il suo bacio, per poi mordergli dolcemente il labbro inferiore.
    -Mi pare di capire-tento, accennando ad un vago sorriso,-che trovate eccitante far vibrare le corde più dolorose di un povero cuore solitario.
    -Tsé, dubito che il vostro amato conte de Marseille-Dupont vi faccia sentire così solo.
    -Il pianoforte risponde alle mie mani con più sentimento, ô mon ami. Tuttavia, entrambi valgono nulla in confronto al vostro fremere davanti a me.
    Zut! L’ho detto.
    Non mi aspettavo di saper essere ancora così diretto, e tantomeno che Lucien potesse arrossire così davanti ai miei occhi.
    -Vi ho conquistato, Axel- tenta, in preda ad un soave imbarazzo.
    -Almeno quanto io ho conquistato voi, ô cher ami.
    Le nostre labbra si incontrano ormai spontaneamente, con una sorpresa e un trasporto che non credo di aver mai provato.
    Avevo visto giusto, purtroppo: dev’essere proprio amore. A prima vista, per giunta. Incredibile! Un malato di amplessi, consumato e disilluso, che non riesce a sciogliersi da questo abbraccio, un navigato amatore cui una brama imperante ordina di stringersi con forza a questo corpo che palpita tra le sue braccia!
    Sublime il tepore della bocca di Lucien, così accogliente intorno alla mia lingua impertinente; meraviglioso il suo ardore nel rispondere, dischiudendo ancora di più le sue labbra morbide e infuocate.
    Deliziose immagini di lui, vestito soltanto del fuoco ardente del desiderio, si compongono nella mia mente, mentre le sue mani si distendono frementi sui miei glutei e tentano di accostarmi ancora di più a lui; invano, perché un arcano istinto mi stringe a lui tanto intensamente da percepire ogni fremito delle sue membra.
    D’improvviso, un tonfo di tacchi giusto dietro alle tende mi strappa al torpore da cui finalmente mi sarei lasciato avvolgere.
    Mi sollevo dal corpo di Lucien, schiacciato contro la parete, e gli prendo il viso tra le mani, catturato dal fascino che il suo sguardo penetrante esercita su di me.
    -Lucien, avete avuto la meglio. Ho ceduto come un adolescente accecato da una lusinga.
    I suoi occhi sono fissi sulle mie labbra; la sua espressione lascia chiaramente intendere che non ha udito una parola di ciò che ho detto.
    -Siete meraviglioso-mormora dopo qualche istante con aria trasognata.
    -Ô cher, non dite parole così fanciullesche. Potrei fraintendere il vostro interesse.
    -Non c’è pericolo di travisare, Axel.
    Mostrando falsa ilarità, avvicino le labbra al suo orecchio e attendo che il mio respiro lo faccia rabbrividire prima di parlare.
    -Se volete esasperare un uomo di desiderio, è fortemente sconsigliato comunicare apertamente le proprie intenzioni. La persona a cui mirate potrebbe insuperbirsi di fronte alla vostra affabilità e voi perdereste la vostra opportunità. Siate più allusivo, mon cher, più criptico.
    -Consiglio assai prezioso da parte di un maestro di quest’arte quale siete, Axel.
    La sua voce vacilla mentre le mie labbra accarezzano il suo collo profumato e robusto, mirabile strumento che vibra della sua voce grave e suadente.
    Le sue braccia mi circondano nuovamente e stringono il mio bacino al suo, lasciando che la virilità di ciascuno si accenda dell’eccitazione dell’altra.
    Prima di perdere del tutto la ragione, che già sento svanire nel pulsare del mio corpo, prendo la risoluzione di sciogliermi dall’abbraccio, lasciando un bacio leggero sulla sua guancia.
    -Siete assai sfrontato, ô fou.
    -Lo sarò ancora di più, Axel, perché non seguirò le vostre indicazioni.
    -E cosa pensate di fare?
    L’ambra dei suoi occhi brilla di mille scintille di fuoco.
    -Penso di condurvi lontano dal vostro diletto conte de Marseille-Dupont e amarvi. Per tutta la notte, vorrei, ma, concretamente, per quanto voi desiderate trastullarvi.
    Mai nessuno mi aveva parlato così.
    Il mio cuore, dopo un colpo più sonoro degli altri, inizia a scalpitare rumorosamente nel mio petto.
    -Ô fou Lucien, perfino le pareti di questa casa stanno rabbrividendo per la vostra meravigliosa schiettezza.
    Il suo sorriso trionfante mi è irresistibile; un nuovo bacio freme sulle mie labbra, prepotente e anelante alla sua bocca, e assecondarlo è fonte di sublime godimento.
    Tuttavia, gli concederò solo un piccolo istante; senza che egli se ne sia accorto, sono già lontano di qualche passo.
    Il suo viso vagamente arrossato sottolinea dolcemente l’espressione intensa del suo sguardo.
    Il tempo di un battito di ciglia e le sue gambe nervose si muovono leste verso le tende; mentre le scosta, un nuovo scintillio caldo dei suoi occhi si tramuta in un tacito invito a cui non so resistere.
    I miei occhi, ormai assuefatti alla penombra del mio rifugio, soffrono per qualche istante della luce schietta della sala.
    Il brusio sottile occupa la mia mente agitata, mentre mi guardo intorno alla ricerca di Gustave.
    Finalmente riesco ad individuarlo, totalmente dedito a condurre il marchese d’Henri-Lesquise, balocco prescelto di questa sera, in direzione delle sue stanze private.
    Un senso di sollievo non indifferente mi pervade le viscere; seguito dai due luminosissimi pozzi d’ambra pura, assuefatto allo stato di eccitazione del mio corpo, mi dirigo velocemente all’esterno della villa.
    Soltanto quando il rumoreggiare della festa si fa smorto e un refolo d’aria notturna mi accarezza il viso, provo il desiderio di voltarmi verso il mio amico.
    Quasi sento sulla lingua la dolcezza del suo viso raggiante.
    -Lucien, dove pensate di condurmi?
    -Mi rammarico di non averne idea.
    -Non a casa vostra, di certo. Un primogenito come voi non avrà la possibilità di ricevere in casa sua un uomo se non in qualità di amico o maestro.
    Il suo sguardo a poco a poco sgranato fa sorgere un sorriso sul mio volto.
    -Come…
    -La sacra premura con cui mi seguite è indice di una vita trascorsa senza dover mai chiedere amore. L’ansia di guadagnarsi affetto e riconoscimento non è parte del vostro vivere, per cui ora che mi desiderate non conoscete altro modo di avermi che seguirmi.
    La sua espressione torva, incupitasi alle mie parole, mi suscita un tuffo al cuore.
    Ormai sulla soglia della mia abitazione, a cui l’ho condotto senza che se ne sia accorto, avendo cura che non ci sia nessuno intorno a noi, azzardo un bacio sulla sua guancia.
    -Ô cher, -continuo, -sto decantando la soavità di un’arma seduttiva assai fine. Avete troppa poca stima di voi.
    Sfiorandolo con lo sguardo, lo invito a seguirmi.
    -Vivete solo, Axel?
    -Sì, da molti anni ormai ho ricevuto la benedizione della solitudine dalla mia famiglia.
    -Posso immaginarvi intento nelle mansioni domestiche?
    -Immaginate pure, se vi aggrada. In realtà un fido inserviente si prende cura ogni giorno della mia casa, dalla tarda mattinata fino al tramonto.
    In pochi passi, l’aroma penetrante d’incenso e sandalo del mio piccolo salone d’ingresso mi avvolge e mi rassicura.
    Mi muovo alla ricerca di un cerino che possa aiutarmi a rischiarare la casa più del pallore lunare, ma le braccia di Lucien mi circondano e mi stringono con forza a lui.
    Con un brivido accolgo il suo viso nell’incavo del collo, su cui si arrischiano le sue labbra frementi di baci.
    -Ô Axel, entrare nella vostra casa e lasciarsi invadere dal suo odore sublime è come cadere tra le vostre braccia.
    -Lucien, la vostra impulsività annulla ogni mia possibilità di resistervi.
    -Perché dunque non vi lasciate sopraffare?
    La tensione del suo corpo si intensifica nella presa del suo abbraccio.
    -State chiedendo ad un cavallo selvaggio di lasciarsi ammansire.
    Senza che le sue braccia si sciolgano, mi volto verso di lui e, mentre il suo sguardo ambrato e scintillante mi tocca le labbra, lascio che le sue mani calde si intreccino lentamente ai miei capelli.
    -Sì, Axel, siete un magnifico stallone ribelle, misterioso e affascinante.
    -Molte lusinghe e pochi fatti. O aspettate forse che il selvaggio che tanto adorate prenda il sopravvento?
    -Non vorrei sospirare il mio amore per voi mentre patite il dolore di una schiena schiacciata al pavimento.
    Le sue parole echeggiano nella mia mente, accendendomi a poco a poco di una gioia impensabile.
    Non posso far altro che far tacere il suo sorriso prendendo le sue labbra nelle mie e, quando l’eccitazione si fa finalmente irresistibile, intrecciare le mie mani alle sue e trascinarlo a passi frenetici sul mio letto, ampio e ansioso di essere disfatto.
    I suoi occhi non mi abbandonano neppure per un istante; scivolano lungo la mia figura con tremiti d’ansia, smaniosi di arrivare dove le sue mani non osano, oppure si fissano sulla mia bocca o sui miei occhi cercando di scrutare ogni nuova sensazione che mi pervade le membra.
    D’un tratto, nel buio dei miei occhi chiusi, al percepire il peso del suo corpo su di me, mentre i baci si fanno più urgenti e profondi, realizzo che mi ha preso sotto di sé, stringendomi con la forza delle sue braccia.
    Mi affretto a denudare il suo petto dagli abiti, in preda ad una brama crescente del suo calore e del suo profumo; le mie mani trovano requie apparente solo quando riesce finalmente loro di godere della seta ardente della sua pelle.
    Il suo bacino si agita bramoso alla fiamma del suo desiderio che è anche il mio.
    Quale affannoso tumulto agita il mio cuore! Mai un uomo ha suscitato un tale turbinio di emozioni dentro di me, mai ho desiderato di unirmi a qualcuno col corpo e con l’anima, in questo intenso brivido che or ora mi scuote dolorosamente le membra!
    -Axel, io vi amo- mormora, mentre le sue dita sottili si insinuano nei miei abiti, liberandomi di ogni impedimento.
    -Non è così facile illudermi, mon cher.
    -Se c’è qualcosa che desidero per voi, di certo non è ingannarvi.
    Nel confondersi di baci e carezze, col dolce sapore della sua bocca sulla lingua, finalmente i nostri corpi nudi accolgono con sollievo e tensione il calore dell’altro.
    Con un evidente sforzo di volontà, Lucien si solleva dal mio corpo; il suo sguardo lampeggia di bagliori di fuoco nella luce pallida della luna.
    -Siete magnifico, Axel, non smetterò mai di ripetervelo.
    I suoi occhi mi inchiodano, mi stordiscono con la dolcezza ipnotica del loro nettare drogato.
    -Sì,-prosegue, vibrando della sua stessa voce penetrante,-magnifico e orgoglioso nella corazza sfavillante della vostra nudità.
    -Difatti siamo in battaglia. Non è vero, mon cher?
    -Sicuro. Ma è inutile affannarsi, contro l’amore si può essere soltanto sconfitti.
    -E sconfitto morirò, se continuate a guardarmi così.
    In un istante le sue labbra tornano a tormentarmi i sensi; indugiano vogliosamente sul collo, gustano chissà quale sapore sul mio petto, saggiano la mia eccitazione stuzzicando un capezzolo, mentre l’altro è soggetto al gioco sottile delle sue dita.
    -La vostra bocca è un tremendo strumento di tortura, Lucien- tento, la mia voce trattenuta dall’affanno che mi prende la gola.
    -Vorrà dire che ne morirete tra atroci sofferenze.
    Il suo respiro ardente sulla pelle mi scuote in un fremito intenso e persistente, ancora più bruciante quando la sua lingua segna sul mio addome la nuova stazione di questo cammino d’urgente desiderio.
    Raggiunta l’agognata meta, le sue dita si stringono intorno alla mia virilità e le sue labbra ne sfiorano la sommità, costringendomi a gettare un gemito, per quanto il doloroso tremito di piacere che mi pervade mi permetta di reprimerlo.
    -Ô délice-mormora quindi, mantenendo lo sguardo fisso sul mio viso, prima di avvolgere il mio membro nel calore umido della sua bocca e invadere il mio corpo e la mia mente con un turbine di sensazioni incontrollate.
    Sublime dolcezza, lasciarsi esasperare dai suoi movimenti lenti e cadenzati, perfettamente calcolati per non concedermi alcuna via di scampo, se non liberandomi della voce che preme sul diaframma.
    Il suo sguardo sembra accarezzarmi con la stessa passione che anima le sue mani, e allo stesso modo il mio godimento si moltiplica e si amplifica inesorabilmente.
    -Adoro i vostri occhi fiammeggianti, Lucien-azzardo, quando mi accorgo di essere già sulla soglia del limite.
    Il suo viso si solleva e mi colpisce con un sorriso enigmatico e ammaliante.
    -Il vostro possente orgoglio anche in questa vostra condizione è assolutamente affascinante, mon ami.
    Mantenendo una presa leggera con le dita, una mano giunge a sfiorarmi il viso, insieme al suo respirare ansante.
    -Di certo non potrò mai essere superiore alla ricercatezza della vostra arte, Axel; apprezzerete lo stesso i miei sforzi?
    Ecco il suo membro scivolare accanto al mio tra le sue dita,
    -Non v’è nulla di più delizioso della vostra dedizione nei miei confronti, ô cher Lucien.
    Vuole darmi a intendere di essere pago di questo gioco sfrontato, ma le sue dita frementi, ancora sulla mia guancia, chiedono ardentemente di essere condotte altrove; le prendo dunque tra le mie e, inumidendole di carezze profonde con la lingua, lancio un sorriso al mio amico, da cui mi aspetto, e ottengo, un baluginio d’intesa nei suoi occhi d’ambra.
    Lucien, difatti, si ritrae da me, corrispondendo alla mia lingua sulla sua mano mentre mi volto supino e gli mostro la mia schiena, arrossata delle pieghe del lenzuolo su cui il mio corpo ha esercitato pressione.
    Senza esitare, le sue dita intraprendono una sortita nella mia intimità; l’altro braccio circonda il mio torace e la sua bocca si tuffa nell’incavo del mio collo.
    -Vi amo, Axel, vi amo-mi sussurra ossessivamente, godendo della mia incapacità di replicare: nuovi, più intensi brividi mi scuotono man mano che la sua bramosia si fa spazio trai miei glutei.
    -Amo la vostra ostinata alterigia, amo il vostro canto sublime, amo l’aroma inimitabile della vostra pelle…
    Ora è la sua virilità ad avanzare dolcemente in me, mentre il mio cuore sembra impazzire al suono del suo corpo sul mio e della sua voce profonda.
    -Amo la serrata eccitazione con cui mi state accogliendo… meraviglioso… siete meraviglioso…
    Le sue parole, man mano più rade nel respiro ansimante che accompagna i suoi movimenti sempre più frenetici, si fanno carico di esprimere le mie sensazioni, totalmente concentrate sul pulsare del suo membro e del mio, attorno cui si sono avvolte le sue mani impazienti e si agitano allo stesso ritmo incontrollato.
    -Non tacete, Axel, vi prego, non…
    -Lucien…
    Il suo nome soave è l’unico suono che sgorga dalle mie labbra ansanti.
    -Ancora, ve ne prego…
    -Lucien… Lucien…
    La tensione delle nostre membra si fa terribile e irresistibile.
    -Lucien, io vi amo!
    Il fiotto caldo del suo seme, a cui si accompagna in qualche istante quello del mio, scioglie le mie membra nel battito serrato del mio cuore, dietro cui si nasconde il suono di parole che quasi non mi accorgo di pronunciare.
    Il peso soave del suo corpo ricade sul mio con fiaccata dolcezza.
    -Mi amate, quindi, ô superbe?-mormora al mio orecchio, mentre il battito del suo cuore pulsa sonoramente sulla mia schiena.
    -L’ho detto.
    -Ditemelo ancora, vi prego.
    Nuovi baci, dolci e leggeri, fioriscono sulla mia nuca e sul mio collo.
    -Vi scongiuro, Axel, non feritemi ancora.
    -Vi amo, Lucien.
    Un mormorio sommesso della sua voce grave lascia che un soave fluire di atavica felicità mi pervada il petto ansimante.
    Dopo qualche momento, si lascia scivolare accanto a me, così che io possa accarezzargli il viso arrossato e sorridente. I suoi occhi stillano denso miele di gioia di cui è impossibile saziarsi.
    -Lucien, potreste uccidermi con uno sguardo.
    -Ô cher, come potrei farvi del male?
    Un amaro senso di precarietà si distende sulle mie labbra.
    -Potete eccome, mon ami. Potete e lo farete di certo.
    -Oh… no, no, Axel, no.
    Chiudo gli occhi, lasciando che le sue labbra accompagnino il caldo abbraccio di Morfeo.
    Gusto aspro del sonno, che mi trascina in un amaro senso di malinconia non appena il gelo di un abbraccio assente mi avvolge con tutta la sua pesantezza.
    Non so quanto sia durato il mio riposo, se mai l’ho veramente avuto; l’unica sensazione di cui mi sento consapevole è un gelido, orribile senso di abbandono.
    Non oso aprire gli occhi e realizzare che Lucien se ne sia realmente andato.
    Le tempie mi battono dolorosamente; eppure so bene quanto sia solitaria l’aurora che segue una notte accesa di passione, e non mi sono mai sentito toccato da questo spesso velo di amarezza che ora mi opprime.
    Sento la mancanza di Lucien nel corpo e nell’animo, e non è per nulla un bene.
    D’istinto mi mordo il labbro, mentre le mie palpebre fremono, nel timore di affogare nelle lacrime che mi sforzo di ricacciare dentro.
    -Che vi succede, ô mon amour?
    È impossibile.
    Non può essere suo il bacio che invade così dolcemente la mia bocca. La melodia grave e suadente di questa voce non può appartenere a lui.
    -Lucien…
    -Sono qui.
    -Dovreste essere altrove.
    -Dove pensate che io possa andare?
    Scuoto la testa, aprendo gli occhi; se si tratta di un sogno, sono disposto ad affrontarlo.
    Il suo sguardo ambrato mi accarezza dolcemente, incastonato in un’espressione raggiante.
    La luce iridescente della luna al tramonto tratteggia vagamente il suo viso e i magnifici muscoli del suo corpo.
    -Il posto che vi compete non è qui, Lucien.
    -Nessun posto è per me se non è per voi, Axel.
    -Mi fate del male parlando così.
    -Perché dite questo?-mormora interdetto, stringendomi il viso tra le mani.
    -Non state mentendo nel vostro cuore, Lucien. È la realtà a smentirvi. So che volete dimenticarlo, ma fuori da questo letto disfatto vi attende una famiglia, la quale prima o poi vi imporrà un matrimonio che possa garantire stabilità economica ed ereditaria alla vostra stirpe, di cui voi siete il più che degno rappresentante. Come credete di consolarmi con le vostre dolci parole?
    I suoi occhi fremono, come se fosse stato schiaffeggiato da ciò che gli ho appena rivelato.
    -Axel, io…
    Tremendamente ferito dalla sua incertezza, mi affretto a scivolare sopra di lui.
    -Tacete. Il tempo corre e non si farà di certo scrupoli di fronte alla vostra malinconia.
    -Amatemi, Axel.
    Ora tace, la sua bocca intrecciata alla mia, le mie mani ansiose sulla sua intimità ormai perduta.

    -Ô Florel, è sempre un piacere trovarvi qui nel vostro intimo nido.
    La voce di Gustave tocca vagamente la mia concentrazione assorta nella tastiera del pianoforte.
    -Gustave, non è sublime il tono malinconico con cui il vostro prezioso strumento sta dando il bentornato alle mie dita?
    -Assolutamente.
    La sua tensione erotica mal soddisfatta è palpabile nell’aria che lo circonda; delizioso divertimento percuotere con i tasti d’avorio i suoi nervi tesi, irritati già in buona misura dal borbottare sommesso degli ospiti di questa nuova serata festante.
    -Devo di certo consolare il mio caro amico, se non volete che i vostri invitati trovino motivo di rattristarsi. Le sue corde sono decisamente frigide e irritabili. Sarà forse il clima rigido che le tormenta quando la sala è vuota?
    Gustave ride sommessamente, avvicinandosi a me e prendendomi per le spalle.
    -Per il piano sarà sufficiente una breve canzone.
    -Chiaramente, voi avete bisogno di ben altro, mon cher.
    Come avrei previsto con facilità, il conte si arrischia sul mio collo con le labbra.
    -Sapete, mon Florel, girano voci di un imminente matrimonio.
    Sospiro, lasciando intendere quanto io non sia mai stato del tutto avvezzo ai pettegolezzi.
    -Sì, sto parlando del conte Lucien de la Rouche-Martin. Mi pare di ricordare che avete avuto occasione di conoscerlo.
    Nascondo una dolorosissima falciata al mio cuore con un’espressione di perplessità sorpresa.
    -Non ne son certo, ô cher Gustave. Inoltre, sapete bene del mio scarsissimo interesse per i matrimoni. Donne… mondieu! Mi pare siano quanto di meno femminile possa esistere su questa terra. Ma, del resto, chi ha stabilito l’essenza della femminilità?
    -Siete proprio terribile, Florel.
    Le sue brucianti carezze sul petto mi incoraggiano ad un gioco di appassionata indifferenza a cui è assai eccitante sottostare.
    -Mi pare di scorgere in voi ben poco interesse nei confronti della vita mondana- mormora al mio orecchio prima di prenderlo tra le labbra.
    -Preferisco rivolgere la mia attenzione dove mi state or ora indicando.
    Mi sollevo in piedi e gli rivolgo uno sguardo eloquente, prima di muovermi verso la sala.
    Nell’attraversarla a passi lesti, la crudele ironia di Gustave mi indica l’unica immagine che questa sera avrei ben evitato di contemplare.
    Due inconfondibili iridi d’ambra accompagnano con gesti misurati e sorrisi copiosi una giovane donna, tanto graziosa quanto anonima, la quale arrossisce scioccamente ad ogni parola che le viene rivolta.
    Non intendo indugiare oltre su quell’insulso spettacolo di femminea inutilità.
    -Ô Florel, avete notato la premurosa gentilezza con cui il conte accompagna la sua promessa? Semplicemente deliziosi. Una coppia senza dubbio ben assortita.
    Ormai lontani da qualsivoglia sguardo indiscreto, stringo tra le mani i glutei di Gustave e accosto il suo bacino al mio, alla ricerca poco convinta dell’eccitazione che lo sta pervadendo fin nelle pupille irrequiete.
    -Oh sì, Gustave, assai affascinanti, come la cortesia della morte.
    Ansioso di suggere il calore della mia pelle, lo lascio crogiolarsi nella sua brama vittoriosa. Sciocco, il mio amante distratto, che non è stato capace di leggere nel fuoco degli occhi d’ambra di Lucien, gelido sulla creaturina indistinta a lui destinata, e scovarvi la promessa di passione più ardita che un uomo mi abbia mai dedicato.

    Fine.



    *parlo di questo brano qui (link a Youtube sotto spoiler):


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    Edited by {Axel~ - 12/7/2012, 14:22
  10. .
    Ecco il mio albero! :clap: :palle:

  11. .
    Grazie a tutte... sempre molto gentili nei vostri apprezzamenti. :arigato:
    Sono arrivata alla fine della storia, qui di seguito gli ultimi due capitoli. Spero che siano anche questi di vostro gradimento, e vi ringrazio per aver seguito la mia storia con pazienza negli ultimi... otto mesi! :ave: :arigato: :rossor:

    Capitolo 17
    Masumi si alzò in fretta dalla scrivania, componendo un breve sms sul suo telefonino. Pochi minuti dopo, tirò un sospiro di sollievo al veder comparire il fidato Hijiri sulla soglia del suo ufficio.
    Il giovane appoggiò silenziosamente una cartellina sulla scrivania del suo capo.
    –Ho provveduto a verificare l’attendibilità di ogni dato e l’assoluta onestà e disponibilità di chi me li ha forniti.
    –Grazie, Hijiri.
    Masumi consultò velocemente il plico di fogli.
    –Ora, se permette, io…
    –Ancora un attimo, scusami.
    Masumi prese un foglietto, vi scrisse sopra poche righe e il suo nome in calce.
    –Il donatore di rose scarlatte ha bisogno ancora una volta di te. –sussurrò a Hijiri, porgendogli il messaggio.
    Entrambi sorrisero: Masumi si sentiva quasi emozionato a immaginare il suo nome, scritto a chiari caratteri, accanto ad una rosa scarlatta, Hijiri si rallegrava nel vedere brillare gli occhi dell’uomo che si era servito del suo aiuto in tanti anni.
    Mizuki comparve sulla porta non appena l’uomo ombra si allontanò.
    –Sono arrivati.
    Masumi deglutì, aggiustandosi la cravatta e la giacca.
    –Falli accomodare.
    Quattro uomini dall’espressione soddisfatta entrarono in fila indiana e si sedettero di fronte alla scrivania.
    –Buongiorno– li accolse freddamente il giovane presidente.
    –Buongiorno a lei, signor Hayami–risposero con altrettanta indifferenza.
    L’individuo che sembrava essere il più importante prese la parola.
    –Presidente Hayami, mi auguro che le abbiano già anticipato le nostre intenzioni, dato che non abbiamo intenzione di perdere tempo in convenevoli.
    –Non temete, ho ricevuto il messaggio. Piuttosto, –aggiunse Masumi assumendo volutamente un’aria di sfida, –mi chiedo cosa mi dovrebbe costringere ad accettare la vostra offerta.
    L’uomo rise.
    –Allora è proprio vero ciò che si sente dire sul suo conto, signor Hayami. Senza scrupoli, disposto a tutto per il suo tornaconto.
    –La prego di essere meno evasivo. Non ho intenzione di giocare.
    –Quello che voglio dire è: non creda di passarla liscia dopo aver deciso di rompere il fidanzamento con la signorina Takamiya. In questo modo le causa un incredibile danno psicologico, senza contare la mancanza di… galanteria, le promesse vanno mantenute.
    Masumi sollevò un sopracciglio.
    –Danno psicologico? Galanteria? Ritengo di aver avuto un dialogo civile e maturo con la signorina Takamiya, in cui ho provveduto a spiegare a dovere le mie ragioni, come mi sentivo in dovere di fare. Ho delle motivazioni serie, sia per me che per la signorina.
    L’uomo rise.
    –Beh, certo, certo. Ma crede davvero che i giornali la penseranno allo stesso modo? Secondo me l’immagine di un presidente che non cura a dovere il proprio lavoro e non si fa scrupoli nemmeno di fronte ad una donna indifesa non gioverà molto alla reputazione della Daito Art Production. Specialmente se la donna in questione è estremamente sensibile alle ferite sentimentali, di cui non esiterebbe a fare dei racconti dettagliati alla stampa. È davvero sicuro di essere in grado di contrastare tutto questo? Non è il solo a saper manipolare i media a proprio piacimento.
    Masumi sembrò incassare duramente il colpo, e trasse un breve sospiro che fece accrescere il senso di trionfo sul volto delle persone che lo stavano contrastando.
    –A quanto pare non mi lasciate altra scelta, è chiaro che mi avete messo alle strette. Devo accettare le vostre condizioni di acquisto, oltre che rinunciare ad ogni idea di rompere il fidanzamento con Shiori.
    Tutti annuirono, pregustando già la loro vittoria.
    –Tuttavia, – aggiunse con uno sguardo gelido, –prendetevi qualche istante per dare un’occhiata a questo dossier.
    Prese i documenti affidatigli da Hijiri e li porse al suo interlocutore. Il suo volto sembrava accogliere tutta la soddisfazione che a poco a poco scivolava via dai lineamenti degli uomini di fronte a lui, i quali perdevano quasi colore nello scorrere le righe dei fogli.

    –Torno subito!
    Così congedandosi, Rei lasciò sola Maya a contemplare i fiocchi di neve che cadevano a tratti dal cielo. In realtà, ciò che contemplava la sua immaginazione era la figura di Masumi, i suoi sorrisi più disarmanti, i suoi sguardi più intensi. E il suo fisico statuario…
    Maya scosse la testa, sorridendo. Non poteva negare, anime gemelle a parte, una certa attrazione per l’uomo che occupava il suo cuore. L’amore umano è anche questo, credo, si disse, pensando alla notte trascorsa a Milano due giorni prima.
    Impiegò non poco a realizzare che qualcuno stava bussando alla porta. Il fiato corto per la fretta nell’aprire accrebbe il senso di stupore quando Maya si trovò davanti Hijiri con in mano una rosa scarlatta e un biglietto.
    –Buongiorno Maya.
    Il giovane vide quasi tremare le mani della ragazza mentre gli porgeva ciò che Masumi gli aveva affidato.
    –Questa volta però non vengo da parte del tuo ammiratore, ma dal signor Hayami.
    Maya annuiva, leggendo avidamente le poche parole contenute nel bigliettino. Una lacrima lucente percorse lesta il suo viso, su cui era dipinta una viva espressione di felicità.
    –Hijiri, io… io… solo un mese fa… che dico, una settimana… non avrei mai sperato che…
    Il giovane sorrise, inchinandosi.
    –A presto.
    La ragazza si riscosse.
    –A presto! E grazie! Grazie… grazie infinite!
    Hijiri sollevò una mano, scomparendo nella penombra delle scale.
    Chiusa la porta dietro di sé, Maya continuava a leggere e rileggere il messaggio di Masumi.

    Cara Maya,
    ti prego di aspettarmi tra due ore al parco con le altalene, là dove ti ho trovata spesso in passato.
    Non vedo l’ora di vederti.
    Il tuo Masumi


    “Il tuo Masumi…” Maya non poteva smettere di piangere di gioia al leggere quelle parole, tanto semplici e per questo tanto intense. Camminava per le stanze in preda ad un’agitazione irrefrenabile; nemmeno si accorse del ritorno di Rei. Solo quando se la trovò davanti con un’espressione tra lo stupore e la curiosità, trovò la risoluzione necessaria per decidere ed esclamare:
    –Rei, devo uscire!
    L’amica non ebbe il tempo di replicare: Maya si era già fiondata fuori di casa, sotto la neve che proprio in quel momento aveva iniziato a cadere più copiosa.

    –Signor Hayami… questo non è…
    –Non è leale? Credete forse che tenermi nascosto tutto questo sia leale invece?
    Gli occhi di Masumi, gelidi e fiammeggianti allo stesso tempo, bruciarono ogni minimo residuo di orgoglio di cui trasudavano fino a qualche istante prima i volti di fronte a lui.
    –Donna sensibile, gracile… queste carte certificano piuttosto squilibri psicologici non indifferenti alla signorina Takamiya. Con chi credevate di avere a che fare? Avevate davvero intenzione di tenermi all’oscuro di tutto questo fino al matrimonio? Come avete solo potuto immaginare che i miei informatori non si sarebbero preoccupati, anche autonomamente, di indagare su una giovane ereditiera tirata fuori per la prima volta dalla casa dei Takamiya giusto per prometterla in sposa ad un uomo della mia posizione?
    Tutti tacevano ormai, travolti dalle motivazioni e dall’impeto insito nelle parole del giovane presidente.
    –Poi, guarda un po’ il caso, la signorina Takamiya è la nipote del presidente del gruppo Takatsu, di cui sono ben noti degli strani movimenti collegati addirittura alla Yakuza. Non è difficile immaginare perché un gruppo sospettato di azioni illecite, con tanto di prove certe, abbia cercato di legarsi alla Daito, che negli ultimi anni si è imposta nello scenario culturale ed economico di Tokyo e dell’intero Giappone. Credete davvero che, se questa situazione dovesse venire alla luce, la stampa vi renderà la vita facile?
    –Un po’ di soldi al posto giusto –azzardò un uomo del gruppo– e… lo dovrebbe sapere meglio di noi, signor Hayami.
    –Esattamente, lo so meglio di voi. Infatti so anche che per convincere qualcuno a mentire si ha bisogno una certa cifra, ma la verità è gratuita e vale molto di più, specie se è la Daito a chiederla. In questo momento, fossi in voi, non azzarderei passi falsi.
    Per un istante il silenzio scese a pesare sulle teste dei presenti.
    –Credo abbiate compreso ora la vostra posizione.
    Senza proferire parola, i quattro uomini si congedarono con un inchino e si allontanarono.
    La tensione di Masumi si sciolse solo quando vide comparire Mizuki alla porta. Scattò in piedi, afferrò in un lampo il suo cappotto e si fiondò fuori dall’ufficio, esclamando a gran voce:
    –Mizuki, cancelli tutti gli impegni per questa giornata!
    La segretaria rise, vedendolo scomparire in fondo al corridoio sotto gli occhi impressionati dei dipendenti.
    –Volentieri, signor Hayami!
    Nello stesso istante, un’ombra comparve accanto alla segretaria.
    –Credo di non aver mai visto Masumi così felice nemmeno quand’era bambino!
    Mizuki sussultò al riconoscere il vecchio Eisuke proprio accanto a lei, e immediatamente si inchinò.
    –Dev’essere riuscito nel suo intento –proseguì il vecchio Hayami. –Dopotutto, con la signorina Kitajima in gioco, non sarebbe potuto accadere altrimenti. Lo spero per lui, altrimenti dovrà vedersela con me!
    Tutti i dipendenti Daito lo fissarono sbigottiti mentre si allontanava con una sonora risata.

    Maya era seduta sulla sua solita altalena, rabbrividendo a tratti per il freddo.
    –Non ho pensato nemmeno a coprirmi… Rei non ha avuto il tempo di ricordarmelo. Eppure Masumi aveva scritto chiaramente “tra due ore”… ed io ho ancora un’ora da aspettare. Sono ancora una ragazzina, in fondo –concluse quindi, ridendo di sé e dell’espressione che aveva usato, quella tipica del presidente Hayami.
    D’un tratto udì dei passi nella neve; alzò lo sguardo e immediatamente il suo cuore si colmò di gioia al veder comparire davanti a lei Masumi, con i capelli scompigliati dal vento, il volto arrossato, il fiatone e un’intensa emozione che risplendeva nel fondo dei suoi occhi.
    Maya lo osservò avvicinarsi, godendo di ogni particolare inconsueto della sua immagine.
    –Sono qui, Maya. Mi dispiace che tu sia venuta in anticipo ad attendermi. O forse – aggiunse con un ampio sorriso, –ne sono felice. Ma… perché mi guardi così?
    Maya osservava, intenerita e divertita, i capelli in disordine dell’uomo. Quando se ne accorse, Masumi scoppiò a ridere, aggiustandoseli con la mano.
    –Mi stupisco di me stesso, ultimamente! Grazie a te sono tornato un ragazzino… quello che non sono mai stato. Ma non parliamo di me ora…
    Sotto gli occhi stupiti della ragazza, Masumi tirò fuori da una tasca della sua giacca una scatolina, su cui non tardarono a posarsi i fiocchi di neve. La mise tra le mani di lei, che prese poi tra le sue.
    –So che potrebbe sembrare il momento meno consono, ma… vorresti diventare la mia fidanzata?
    Maya sgranò gli occhi.
    –Ma-masumi ma… e la signorina Takamiya? Vuoi dire che…
    –Maya, la famiglia Takamiya mi aveva teso dei tranelli ai quali, credendo che tu mi odiassi, avevo deciso di sottostare. Ora che so, ho trovato il coraggio di liberarmi. Ovviamente per ufficializzare la cosa ci vorrà del tempo, ma io... non potevo attendere oltre.
    –Ma… ma davvero… davvero tu vuoi…
    –Sì Maya. Sono qui solo per te.
    L’uomo la invitò ad aprire il cofanetto, facendole così scoprire una coppia di anelli, semplici nella loro raffinata fattura d’argento, con un piccolo rubino incastonato nel corpo di ciascuno. Masumi ne infilò uno al dito di Maya, e l’altro al suo. La ragazza allora afferrò le mani di Masumi.
    –Masumi, io… sarò tua. Per sempre.
    L’uomo prese il suo volto tra le mani e le impresse un lungo bacio sulle labbra. Il rosso delle loro labbra si dibatteva sul bianco della neve appena caduta.

    Epilogo
    Masumi, seduto nel giardino della sua villa, guardava il suo anello riflettere la luce de tiepidi raggi primaverili del sole. Ora che anche la sua anima era stata raggiunta dalla calda luminosità dell’amore di Maya, i suoi occhi avevano imparato a risplendere di luce propria.
    –Papà! Mamma!
    Masumi sorrise all’indirizzo della bambina che stava correndo verso di lui con fare concitato.
    –Cosa succede Haru? – la accolse, carezzandole i morbidi capelli lisci e scuri come quelli della sua Maya. –Lo sai che la mamma non dev’essere disturbata quando studia la parte per una rappresentazione teatrale.
    –Lo so, papà, ma alla porta ci sono due signori che chiedono di voi… sembrano venire da lontano.
    –Sono proprio curioso di vederli…–sussurrò, alzandosi, e si avviò verso la porta d’ingresso, seguito dal passo trotterellante della figlia.
    Non appena intravide le due figure di spalle, Masumi si affrettò ad accoglierle salutandole da lontano. Queste si voltarono, mostrando lo sguardo azzurro e tagliente dell’uno e un timido sorriso dell’altra, due volti che l’uomo non aveva dimenticato nonostante gli anni passati; si arrestò e sì chinò verso la bambina.
    –Haru, corri a chiamare la mamma e dille da parte mia di venire subito qui. Fai presto!
    Haru corse via, e ricomparve dopo qualche istante tirando Maya per il braccio.
    –Masumi, cosa…
    Si fermò anche lei un istante, vedendo il marito vicino ai due ospiti. Un dolce sorriso le illuminò allora il volto.
    –Gabriel! Francesca!

    –Quanto tempo che non ci vediamo… – esordì Gabriel non appena fu servito il tè in giardino. –Dopo la vostra permanenza in Italia per le rappresentazioni della Dea Scarlatta, siete subito tornati in Giappone e non ci siamo più tenuti in contatto.
    –Hai ragione, –disse Masumi, –ma finché il vecchio Takamiya non si è ripreso del tutto da quello che si supponeva fosse un incidente, non ha potuto riprendere in mano le redini del suo gruppo.
    –Takamiya…?
    –Sì, il nonno di Shiori Takamiya.
    –Ah sì certo, perdonami.
    Masumi rise.
    –Non ti preoccupare, Gabriel, non era necessario che ricordassi il suo nome, soprattutto ora che si è dimesso dalla sua carica di presidente e ha smembrato il suo gruppo ormai impossibile da gestire. Nonostante io avessi annullato le pretese dell’entourage di Shiori su di me, erano poche le persone di cui si poteva fidare, la corruzione dilagava. Maya ed io abbiamo avuto vita dura per qualche tempo, seppure non più in modo diretto, e anche la Daito si è vista mettere i bastoni tra le ruote. Alla fine altri gruppi, teatrali e non, sentendosi minacciati dal loro modo di agire, si sono tacitamente coalizzati. Credimi, un fatto del genere ha dell’incredibile, in apparenza. In realtà, tutti abbiamo giovato dell’indebolimento dei Takamiya… È un mondo di squali che si accaniscono sulla prima carcassa che incontrano.
    –Già– annuì Gabriel. –E dovrò imparare a farci i conti, visto che anche Sebastiano ha deciso di dividere i diversi ambiti della sua società tra gli amici a lui più vicini. A me ha assegnato la sezione musicale… anche se non ho idea di come gestire questa cosa! –concluse ridendo.
    –Non ti preoccupare, sono sempre a tua disposizione. –rispose Masumi. –Ma piuttosto… come mai questa decisione?
    –Purtroppo Sebastiano ha contratto una malattia seria che lo lascerà debilitato per molto tempo. Ha deciso di rinunciare alle sue responsabilità per potersi curare in tutta tranquillità.
    –Mi dispiace– disse Maya. –Portategli i nostri auguri di pronta guarigione.
    –Grazie, non mancheremo.
    –Quanto vi tratterrete a Tokyo?
    –Siamo arrivati sei giorni fa e abbiamo in programma di rimanere fino alla fine della prossima settimana. Tra una visita e l’altra, abbiamo cercato di contattarvi, ma alla Daito ci hanno mandato via dicendo che il presidente Hayami non aveva la possibilità di ricevere nessuno. Solo per caso stamattina abbiamo incontrato Mizuki, che, riconoscendoci, ci ha indicato subito dove potevamo trovare… i coniugi Hayami.
    Masumi si voltò verso Maya sorridendo.
    –Alla fine ce l’abbiamo fatta anche noi– disse, sfiorandole la mano. –Ed è anche merito vostro.
    –Come dissi tempo fa, secondo me è il destino che ha voluto questo. Ma ognuno interpreta il mondo a modo suo, in fondo ciò che vediamo non cambia!
    –In ogni caso, –riprese Masumi, –è un peccato che abbiate impiegato tanto a trovarci, vi avremmo ospitati. Venite a trovarci anche nei prossimi giorni.
    –E, se volete, potete trattenervi in Giappone più a lungo– intervenne Maya.
    –Grazie, siete molto gentili, ma abbiamo deciso di non rimanere troppo a lungo lontani dall’Italia. Francesca è in dolce attesa– spiegò Gabriel, sfiorando con la mano la pancia della sua compagna che accennava a comparire sotto una maglia comoda. –e il medico mi ha raccomandato di non farla stancare troppo… pensate che non era nemmeno troppo favorevole a questo viaggio.
    Maya e Masumi sorrisero.
    –Congratulazioni! Spero ci farete poi conoscere il nascituro… –disse Maya.
    –O chissà che non verremo noi a trovarlo questa volta! –aggiunse Masumi ridendo.
    Gabriel, nel frattempo aveva tradotto le loro parole a Francesca.
    –Magari! Ci farebbe molto piacere. Chissà quante cose abbiamo ancora da raccontarci… a cominciare da quella simpatica peste laggiù. Dovevate vedere come ci scrutava quando siamo arrivati! – disse lei, guardando con dolcezza la piccola Haru che correva dietro ad una palla.

    La luce calda del tramonto iniziava già a tingere l’orizzonte quando Gabriel e Francesca si congedarono dai signori Hayami, strappando loro la promessa di rivedersi al più presto.
    Masumi li osservò scomparire in fondo alla strada. In fondo, pensava, non solo le anime gemelle, ma anche altre esistenze sono legate le une alle altre da fili invisibili. O forse non erano invisibili, l’amicizia che era nata tra loro e quei due italiani apparentemente così lontani da loro era il segno tangibile, il filo colorato che li univa e che, insieme a tutti gli altri legami che aveva instaurato nel corso della sua esistenza, piacevoli o no, faceva parte di quell’arcobaleno colorato che è la vita.
    Fu riscosso dai suoi pensieri dalla mano di Maya che stringeva la sua.
    –Stai pensando anche tu quello che penso io, vero?
    Masumi sorrise, annuendo, le cinse le spalle col braccio e insieme si avviarono verso la loro bambina che li chiamava dal giardino, nel rossore sempre più vivo del sole che si addormenta.

    Fine

  12. .
    Grazie, siete sempre gentilissime, è un piacere scrivere per voi! :love: E sono contenta che chi è di Milano apprezzi le scene che ho ambientato nella città.
    Ho impiegato tempo per questo capitolo perché sono stata molto insicura sulle frasi da dare ai personaggi nei dialoghi... spero che il risultato sia soddisfacente. :arigato:

    P.S.: il nome del teatro che nomino a fine capitolo è puramente inventato, e non ho idea se a Tokyo ne esista uno con un nome simile. :ahah:

    Capitolo 16
    –Buongiorno, Masumi.
    Shiori si presentò insolitamente audace agli occhi del giovane presidente. Un tubino nero le fasciava il corpo sorretto da un paio di scarpe dal tacco decisamente più alto della norma del suo stile. Al suo braccio era appoggiata una raffinata pelliccia.
    –Buongiorno, Shiori. Prego, siediti.
    –Grazie– disse la donna, accomodandosi sulla poltrona di fronte alla scrivania. Il suo sguardo, appesantito da una certa dose di trucco, aveva un’ombra che contribuiva ad accrescere la già consistente apprensione di Masumi.
    –Spero che il soggiorno in Italia sia stato piacevole. –continuò la donna.
    –Sì, molto. Il signor Sebastiano ci ha accolti e ospitati con grande gentilezza, rendendoci la permanenza assolutamente gradevole.
    Fissò il suo sguardo in quello di Shiori che per tutto il tempo l’aveva scrutato.
    –Dovremmo riprendere i preparativi per il nostro matrimonio, non credi? – riprese la donna dopo un istante di silenzio, cercando di mostrare un atteggiamento remissivo. –Siamo già in ritardo nei programmi, lo sai.
    –Shiori, se ti ho chiesto di interrompere i preparativi è per un motivo che ritengo assolutamente valido.
    Masumi piantò il suo sguardo profondo negli occhi di Shiori, che sussultò, non del tutto avvezza alla maschera di donna sensuale e sicura di sé che si era proposta di portare.
    –E… – tentò Shiori, –quale sarebbe questo motivo? Non dovrebbero esserci… segreti tra noi.
    Si passò quindi una mano sulla fronte, a rammentare a Masumi, di cui notò lo sguardo accigliato, la sua solita debolezza. L’uomo, contemporaneamente, ne studiava gli atteggiamenti contraddittori.
    –Shiori, non è possibile per la tua dignità di donna sposare un uomo che non ti ama.
    Masumi puntò al centro della questione, pur passando per vie traverse, forte di una nuova sicurezza che gli permetteva di affrontare anche lo sguardo inquieto e allo stesso tempo minaccioso della donna davanti a lui.
    –Masumi, io sono innamorata di te. – proruppe infine Shiori, dopo qualche istante di silenzio. –Ci sono dei legami tra le nostre famiglie che ci tengono strettamente uniti. Cos’è che non va in tutto questo? Devo pensare di essere io causa di questa titubanza?
    –Non voglio assolutamente che tu creda questo. La colpa di tutto questo disguido è mia, sono io a non aver compreso immediatamente di non poter corrispondere ai sinceri sentimenti di una donna stupenda come te.
    Lo sguardo di Shiori si faceva sempre più teso e minaccioso.
    –Cos’ha… –sussurrò mentre delle lacrime rabbiose le salivano agli occhi, –cos’ha quella Kitajima che io non ho? Quella maledetta…
    Masumi sussultò al sentir pronunciare il nome della ragazza con tanta foga.
    –Lei è la sola donna che mi abbia mai compreso appieno, ed è… l'altra metà della mia anima.
    Shiori abbassò il capo per nascondere le lacrime.
    –Ti prego di capire, Shiori, lo faccio per il bene di entrambi. Non potresti mai essere felice con un uomo come me al tuo fianco.
    D’un tratto i singulti della donna cessarono; Shiori sollevò il volto, mostrando ad un Masumi assai teso un viso del tutto inespressivo.
    –Masumi, tu mi appartieni, come io appartengo a te. Non dimenticarlo.
    Si sollevò in piedi.
    –Se vuoi scusarmi… a presto.
    Shiori si dileguò, senza lasciare a Masumi il tempo di congedarsi formalmente. L’uomo scosse la testa, osservato da Mizuki che intanto si era affacciata alla porta.
    –Cos’è successo? –chiese con sguardo divertito. –La signorina Takamiya mi è passata davanti e mi ha salutata senza nemmeno guardarmi in faccia.
    Masumi sorrise quietamente.
    –Ho parlato onestamente con lei, ma a quanto pare non vuole sentire ragioni.
    –Finalmente… è per questo che sorride?
    Masumi la guardò ironicamente per un istante, tornando poi serio.
    –Ora dobbiamo aspettare e vedere fino a dove si spingerà Shiori con la sua irremovibilità. Se è decisa a superare i limiti, sarò costretto a…
    –Indossare la maschera di terribile presidente della Daito Art Production? –anticipò la segretaria con un sorriso.
    L’uomo rise sommessamente.
    –Riconosco che non si tratta propriamente di galanteria... però non ho intenzione di rovinare pubblicamente l’immagine di Shiori, sarei veramente un uomo ignobile. Si tratta solo di persuaderla alla ragionevolezza, o quantomeno persuadere chi la sostiene. E poi…– aggiunse, voltandosi verso la finestra a guardare i fiocchi di neve che proprio in quel momento avevano cominciato a cadere silenziosamente, –dopo tutti questi anni non voglio più aspettare di fronte ad un semaforo che finalmente è diventato verde. Maya mi sta aspettando.

    –Maya? Ma cosa…
    Un’espressione inebetita esplicitava lo stupore di Rei al trovarsi di fronte la sua amica decisamente prima del previsto.
    –Buongiorno, Rei– esordì Maya con un sorriso imbarazzato.
    –Bentornata. Ma non capisco…–riprese la giovane, aiutando la sua amica a portare i pesanti bagagli in casa. –mi avevi detto che vi sareste trattenuti in Italia per una settimana. Non che avessi intenzione di occupare la tua camera o cose simili, lo sai. Poi… –aggiunse, osservando con stupore l’insolito abbigliamento dell’amica– questi pantaloni così aderenti non fanno certo parte del tuo solito guardaroba.
    Maya arrossì.
    –Sai, ci sono talmente tante cose che ti vorrei raccontare… Rei! – disse quindi con decisione, afferrando le mani dell’amica, –promettimi che manterrai il segreto su quanto ti racconterò.
    Rei annuì.
    –Anche se non riesco a immaginare cosa potrebbe esserci di tanto importante da essere mantenuto segreto…
    Maya le fece cenno di sedersi di fronte a lei al tavolo della loro modesta cucina.
    –Rei, hai presente il donatore di rose scarlatte?
    –Sì, come potrei non…
    –Colui che mi ha sostenuto in tutti gli anni del mio percorso artistico fino a giungere alla Dea Scarlatta? Ecco, si tratta del…
    –Sì Maya, anche se non capisco dove…
    –…signor Hayami.
    Rei si bloccò. Il signor Hayami?
    –Maya, credo di non avere capito.
    La ragazza sorrise, i suoi occhi splendevano come non mai.
    –Sì, Rei, il signor Hayami è il donatore di rose scarlatte.
    Rei sgranò gli occhi. Proprio lui? Il…
    –… cinico presidente della Daito Art Production? –disse, quasi non le fosse bastato il fiato.
    –Sì, Rei. –rispose Maya con un leggero risolino.
    –Ma come… e quando…–balbettò Rei incredula.
    Maya rispose alle sue domande, procedendo poi a raccontarle tutti gli avvenimenti salienti dei giorni trascorsi a Milano: la passeggiata per la città, il Duomo, Gabriel e Francesca, Sebastiano, le telefonate di Hijiri, le decisioni di Masumi.
    –Non posso crederci. –esordì Rei dopo qualche attimo di silenzio. –Credo di aver capito quindi il motivo del rifiuto che hai riservato a Sakurakoji mesi fa. Lo hai devastato, specialmente durante le prove per la Dea Scarlatta… ma a questo punto sono sicura che hai fatto bene.
    –Grazie. – disse Maya con un sorriso. –Visti i sentimenti che mi legano a Mas… al signor Hayami, avrei solo mentito a lui e a me stessa.
    Rei sorrise a sua volta.
    –Ed ecco spiegata anche l’intensità della tua Dea! Ayumi non avrebbe mai potuto superarti…
    Entrambe risero.
    –Tornando serie, –riprese Rei, –non mi sarei mai aspettata una tale purezza di sentimenti da parte del signor Hayami. Conoscendo la sua fama, se tiene veramente a te risolverà la questione del fidanzamento al più presto. Anche se mi chiedo come possa fare…
    –Non ho idea, Rei, ma mi fido di lui.
    Non era possibile dubitare di quelle parole di fronte al sorriso radioso di Maya.

    –Cosa hai detto, Mizuki?
    Masumi rivolse uno sguardo fulminante alla segretaria, che gli rispondeva con un’espressione incerta.
    –I rappresentanti dei piani alti del gruppo Takatsu, su ordine della signorina Takamiya, stanno arrivando alla Daito con l’intenzione di avere un colloquio con lei per trattare l’acquisto del teatro Miyagi-Gon. Dicono di avere delle condizioni che non può rifiutare.
    –Uno dei nostri teatri più frequentati, senza contare il suo giro d'influenza. –disse Masumi quasi a se stesso. –Credo di poter immaginare cosa hanno in mente.
    –Le auguro di sapere anche come contrastarli, visto che saranno qui a breve– concluse Mizuki, congedandosi con un inchino.
  13. .
    Stavolta sono stata relativamente veloce... Spero di essere all'altezza delle vostre aspettative, siete sempre così gentili. :rossor:

    Capitolo 15
    Quando Masumi aprì la porta dello studio del vecchio Hayami, la maschera dell’imperturbabile presidente della Daito aveva già aderito ai suoi splendidi lineamenti.
    Eisuke non accennò a sollevare lo sguardo dalle carte che occupavano la sua elegante scrivania.
    –Buonasera, Masumi, bentornato.
    –Buonasera, padre.
    La piega formale presa dal dialogo dei due contrastava con l’impeto dei loro pensieri.
    –Non mi aspettavo di rivederti qui così presto.
    –Neanch’io immaginavo di essere costretto a tornare in tutta fretta.
    Eisuke sollevò gli occhi. Nessun legame di sangue lo legava a quel giovane uomo davanti a lui, ma dopo tutti gli anni trascorsi insieme, sotto quel pesante cognome che lui gli aveva dato, non poteva sfuggirgli un’inflessione diversa nella sua voce e una nuova luce nel suo sguardo.
    –Il giovane Hijiri ha fatto un buon lavoro, come sempre.
    Masumi tacque, sostenendo lo sguardo indagatore del padre.
    –Cosa fai lì in piedi? –continuò Eisuke, indicandogli con vuota cortesia la poltrona davanti a lui. –Siediti.
    Il giovane, consapevole di non potersi imporre con la sua statura sul padre malfermo sulle sue gambe, obbedì.
    –Padre,–aggiunse quindi, dopo un attimo di silenzio,–cosa significa tutto questo?
    Eisuke manteneva il suo sguardo fisso sul viso del suo figlio adottivo.
    –Cosa hai intenzione di fare? – incalzò Masumi. –Come puoi permettere questo tipo di comportamento dal gruppo Takatsu? La Daito non può permettersi simili passi falsi, seppure…
    –Masumi, stai perdendo il controllo, te ne rendi conto? – lo interruppe Eisuke con voce tagliente, che non aveva la minima intenzione di sopportare alcuna critica al suo modo d’agire, specialmente in quel frangente.
    –No, padre, non sto perdendo il controllo.
    Masumi aveva intuito i pensieri del padre.
    –Perché questa ostinazione nel volermi legare ai Takamiya? –riprese, certo di poter ormai arrivare al punto. –Temi che io possa guastare i tuoi piani nel caso io decidessi di non sposare Shiori?
    –Masumi, io non ti permetto di parlarmi così, anche se sei ormai pienamente adulto! –proruppe l’anziano con un lampo di rabbia nello sguardo.
    –Ti brucia il fatto che io possa disporre dei diritti della Dea Scarlatta, che tu non hai potuto mai ottenere in anni ed anni di carriera?
    –Masumi, basta! –urlò il vecchio Hayami, visibilmente alterato. –Stai oltrepassando il limite!
    Sul volto del giovane apparve un sorriso pungente, certo di aver colto nel segno.
    –Padre, ti stai agitando. Sarebbe preferibile non gridare a quest’ora della notte.
    Eisuke, i cui muscoli erano tesi allo sforzo di alzarsi dalla sedia, si rilassò. Aveva istruito fin troppo bene quel ragazzino, tanti anni prima.
    –A queste condizioni–, riprese Masumi, – non ritengo sia possibile stabilire una relazione egualitaria con la famiglia Takamiya, e tantomeno con Shiori.
    Un istante di silenzio seguì quelle parole, e gli sguardi dei due Hayami sembravano ingaggiare una serrata lotta.
    –Ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo, Masumi? Le ripercussioni economiche saranno pesantissime, senza contare la tua reputazione e quella della intera Daito Art Production. Non posso permettermelo, né tantomeno permettertelo. A meno che tu non abbia un’alternativa che compensi tutto questo.
    –Naturale. Non sono abituato ai castelli in aria.
    L’anziano gli rivolse uno sguardo di sfida.
    –Sei certo di potermi dare delle garanzie?
    –Certissimo, padre. La Daito non risentirà minimamente della mia decisione.
    –Lo spero per te, Masumi. Puoi immaginare a cosa vai incontro nel caso in cui non dovessi mantenere la parola.
    Masumi non rispose; si alzò invece dalla poltrona, congedandosi con un inchino.
    –Ti auguro di trascorrere una buona notte, padre.
    –Altrettanto a te, Masumi.
    L’uomo provvide a richiudere la porta alle sue spalle più silenziosamente possibile.

    Villa Hayami era ormai immersa nel silenzio. Solo sporadicamente qualche passo risuonava sordo in qualche stanza lontana, e poi più nulla.
    Maya, affacciata alla finestra della sua stanza, seguiva il debole volo dei fiocchi di neve che a spruzzi cadevano dal cielo. Spesso, nella mente della ragazza, il volto di Masumi si sovrapponeva naturalmente al loro candore, e ne risultava un languore in fondo piacevole. Il timbro caldo della voce dell’uomo le vibrava nelle orecchie come una dolce nenia, un incantesimo capace di cacciare via le ombre che volevano sovrastarli. Tuttavia, le risultava inevitabile sentirsi inopportuna in quella che era senza dubbio un momento di tensione per Masumi, e continuava a riflettere sulla necessità di tornare quanto prima a casa, pentitasi ormai di aver messo l'uomo in una situazione scomoda.
    Dei leggeri colpi la riportarono alla realtà. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere la porta socchiudersi e comparire dietro di essa gli occhi azzurri di Masumi, che la solitaria luce dell’abat-jour faceva risplendere di un calore tutto particolare.
    –Posso entrare?
    Gli occhi di Maya s’accesero di gioia, seguiti da un cenno di assenso con la testa.
    Masumi accostò lentamente la porta e si avvicinò a passi rapidi alla ragazza; questa non esitò a lasciargli un bacio leggero sulle labbra.
    –Hai parlato con tuo padre? –sussurrò Maya.
    –Sì. –fu la risposta, accompagnata da una lenta carezza. –Non temere, presto potremo essere finalmente liberi.
    –Masumi, credo sia saggio che io torni prima possibile a casa. Ho sbagliato a pretendere di voler rimanere con te.
    Masumi la guardò sorridendo dolcemente.
    –Se te la senti, sei libera di farlo.
    Maya annuì con sicurezza.
    –Non voglio crearti problemi inutili, soprattutto con tuo padre.
    –Maya…
    L’uomo la strinse a sé, cercando di infonderle serenità, o forse per cercarne lui stesso.

    Masumi aprì gli occhi lentamente. Mosse il braccio fino ad afferrare con la mano la sveglia sul comodino, poi se la portò davanti agli occhi: il display indicava le 5:50.
    Maya dev’essere già sveglia, pensò, fregandosi gli occhi con le mani. Si cambiò in fretta d’abito e lasciò la sua stanza, avendo cura di non suscitare il minimo rumore.
    Maya era già pronta, seduta sul letto, le valigie ai suoi piedi. La luna faceva capolino tra gli stralci di nuvole che percorrevano il cielo, gettando fasci di luce argentea nella stanza; ogni oggetto, fino alla linea dell’orizzonte era coperto dalla neve.
    Presa dall’incertezza che avvolgeva il giorno seguente, non era riuscita ad addormentarsi: continuava a chiedersi se qualcuno avrebbe potuto danneggiare Masumi per causa sua, se avesse potuto fare qualcosa per lui, ma finiva sempre per dirsi che non era in grado di muoversi in un ambiente così diverso da quello a cui era abituata; fremeva al ricordare gli sguardi e i baci che quell’uomo, contro ogni logica, le aveva regalato.
    Quando sentì aprirsi la porta ebbe un sussulto, subito seguito dal sollievo di veder comparire Masumi.
    –Sei pronta? –disse sommessamente.
    Maya annuì, alzandosi di scatto in piedi. Masumi la raggiunse immediatamente per aiutarla a portare i bagagli.
    –Non hai dormito?– chiese l’uomo, notando il rossore degli occhi della ragazza.
    Maya arrossì.
    –Sono così preoccupata per te… – sussurrò chiudendo la porta della stanza dietro di sé, dopo essere uscita.
    Masumi poggiò le valigie a terra e prese il volto della ragazza tra le mani.
    –Maya, non voglio che tu ti dia troppi pensieri. Sono o non sono – sussurrò, aggiungendo in tono canzonatorio –il cinico presidente della Daito Art Production?
    E le sforò le labbra con le sue, facendola rabbrividire.
    –Ora andiamo, ti stanno aspettando.
    Eisuke, nascosto nell’ombra del corridoio, li osservò andare via in silenzio.

    L’arrivo di Masumi negli uffici dell’alta dirigenza della Daito fu accolto da un incredibile moto di stupore da parte di tutti i dipendenti. Mizuki, l’unica eccezione, si apprestò ad illustrare il programma del giorno.
    –Alle ore 11.15…– disse la segretaria, marcando con una pausa l’appuntamento che stava per annunciare, –la signorina Takamiya ha preso un appuntamento con lei.
    Il giovane presidente non permise di intravedere l’impressione che quella notizia gli aveva fatto; Mizuki, tuttavia, aveva immaginato con una buona approssimazione cosa potesse passare per la testa del suo capo.
    Le ore che lo separavano da quell’incontro trascorsero con la solita fluidità grazie alla sua grande capacità di dissimulazione, nonostante la preoccupazione per ciò che l’attendeva si fosse comunque insinuata tra suoi pensieri. Non riuscì infine a trattenere un sobbalzo quando si vide finalmente davanti quella che era ancora, in fin dei conti, la sua fidanzata.
  14. .
    :ahah: :ahah: Non riesco a smettere di ridere!! Veramente complimenti, sei un vulcano di idee. Non vedo l'ora di leggere come prosegue! :clap:
  15. .
    Ho impiegato un mese per scrivere il mio ultimo capitolo... :mii: Non so assolutamente come scusarmi con voi che, gentilissime, siete sempre in attesa! :ave: :ave: :ave:
    Per questo capitolo non ho fatto altro che leggere, correggere, rileggere, correggere... non sono mai soddisfatta! Spero che sia di vostro gradimento. :arigato:

    Capitolo 14
    Signor Hayami?
    Masumi, immerso nel contemplare il bianco panorama che illuminava la finestra, fu scosso dalla voce di Sebastiano.
    Signor Hayami, mi pare di capire che qualcosa non va.
    Masumi sussultò. Si era tirato fuori dalla conversazione nata tra i commensali subito dopo la colazione, con la scusa sempre banale di una sigaretta, ed era rimasto a riflettere in solitudine sul da farsi quando sarebbe tornato in Giappone. Di tanto in tanto volgeva il suo sguardo verso Maya, seduta a qualche passo da lui; era bastato l'animo cristallino di quella ragazza a demolire il muro della sua dissimulazione, mattone per mattone.
    Sorrise affabilmente all’uomo davanti a lui, suscitandone lo stupore.
    Ha ragione. –ammise pacatamente, e provvide ad illustrare in breve la situazione che lo attendeva al suo ritorno a Tokyo.
    Ho capito. –sussurrò Sebastiano dopo che Masumi ebbe concluso. –Mi permette di darle un consiglio?
    Masumi lo guardava, curioso.
    Fossi in lei, signor Hayami, partirei immediatamente per il Giappone, senza esitare.
    Sebastiano gli poggiò la mano sulla spalla.
    Non si preoccupi per i nostri accordi. Torni a Tokyo, al suo ritorno qui troverà tutto come l’ha lasciato. Mi scusi, –aggiunse, lasciando la spalla di Masumi, –sono stato impertinente. Però sappia che le ho dato un consiglio col cuore, sono, anzi, siamo in debito con lei.
    Masumi sorrise, inchinandosi.
    Non so come ringraziarla, è veramente gentile da parte sua preoccuparsi così.
    Sebastiano sorrise.
    Pensa di portare anche la signorina Kitajima con lei?
    Masumi si voltò verso la ragazza, che contemporaneamente lo osservava con occhi preoccupati.
    Non voglio nasconderle nulla di quello che sta accadendo. So che la turberò, ma le ho già tenuto nascoste tante cose in questi anni, non me lo perdonerebbe. E non me lo perdonerei.
    Bene.
    Gabriel, nel frattempo, li guardava da una certa distanza, captando di tanto in tanto qualche parola del discorso. D’un tratto si avvicinò a Sebastiano: gli disse qualche parola, ascoltando attentamente la risposta, e si allontanò dopo aver ricevuto delle istruzioni. Il padrone di casa rivolse allora a Masumi un sorriso cordiale.
    Adesso, sarà bene che comunichi alle signorine la sua decisione.
    Masumi rispose al sorriso, avvicinandosi a Maya, la quale appariva sempre più in tensione.
    –Masumi, cosa succede?
    L’uomo le strinse la mano, sentendo una stretta al cuore nel leggere l’ansia negli occhi scuri di Maya.
    –Questa notte mi ha contattato Hijiri. Mi ha comunicato che Shiori e dei suoi assistenti stanno effettuando dei movimenti poco chiari nei confronti della Daito, e c’è bisogno che io torni al più presto in Giappone.
    Maya rabbrividì a quelle parole, sentendo che lacrime di paura già le salivano agli occhi. Cosa intendeva dire con “movimenti poco chiari”? Che la signorina Takamiya avesse intuito qualcosa in qualche modo? Il suo destino si faceva sempre più oscuro.
    –Torneremo insieme a Tokyo. –le disse Masumi prima che potesse proferire parola, guardandola intensamente. –Non devi preoccuparti. Sistemerò tutto, hai la mia parola.
    Maya lo abbracciò d’impeto.
    –Ho paura, Masumi!
    L’uomo le accarezzò teneramente la testa.
    –Maya…–sussurrò, cercando di riporre su di sé il peso di tutto ciò che li aspettava al ritorno in patria.
    –Masumi, io ho fiducia in te.
    Dopo un attimo che ai due parve voler essere interminabile, Maya sollevò lo sguardo ad incrociare quello di lui, preoccupato e risoluto allo stesso tempo.
    –Perdonate l’intrusione...
    Entrambi si voltarono e videro Gabriel che porgeva loro, con un sorriso cordiale, tre biglietti d’aereo. Dietro di lui, Sebastiano godeva dell’espressione stupita dei suoi ospiti.
    Non esitate a partire, quando sarete pronti.
    Quel gesto era risultato del tutto inaspettato.
    È troppo da parte sua, Sebastiano. Non posso accettare.
    Non dica una parola di più, signor Hayami. Mi raccomando, sistemi la situazione nel migliore dei modi. Io sono qui ad aspettarla.
    Dico sul serio, non posso…
    Sebastiano scosse la testa.
    E invece può eccome. Coraggio, il prossimo volo parte tra due ore.
    Senza parole, Masumi, Maya e Mizuki si inchinarono profondamente in segno di ringraziamento.
    Congedatisi, Masumi non tardò ad agguantare il suo telefonino, avviando una chiamata ad un numero noto.
    –Hijiri, sono io. Prepara il necessario, siamo in partenza.

    Hijiri, immobile in mezzo alla folla che si apprestava a raggiungere l’uscita dell’aeroporto scivolandogli accanto silenziosamente, catturò tacitamente lo sguardo del suo principale.
    –Buonasera, signor Hayami.–lo accolse con un inchino carico di formalità. –Spero che il viaggio sia stato piacevole.
    Quasi non riuscì a trattenere un sussulto nel vedere il braccio di Masumi cingere il fianco di Maya; espresse la sua sorpresa con un lieto sorriso, che si rispecchiò nel volto dell’uomo non appena ne incrociò nuovamente lo sguardo.
    –Vuole recarsi in ufficio o preferisce tornare a casa a riposare?
    Masumi osservò la tracolla di Hijiri, che doveva contenere sicuramente contenere il materiale di cui aveva bisogno.
    –Torno a casa, Hijiri. Lasciami però il necessario per fare il punto della situazione.
    Poco dopo un’auto di servizio della Daito, rigorosamente nera, sfrecciava per le strade imbiancate della città notturna, immersa in un silenzio carico di attesa.
    Masumi non aveva perso tempo e stava già consultando alcuni dei documenti fornitigli da Hijiri; non tardò, tuttavia, a voltarsi verso Maya, in una ricerca istintiva di conferme e sicurezza. La ragazza percorreva con uno sguardo ansioso i lineamenti equilibrati dell’uomo, tesi in un’espressione di intensa concentrazione.
    Non appena l’azzurro dei suoi occhi si riflesse nel nero profondo di quelli di lei, il giovane presidente distese il suo volto in un limpido sorriso.
    –Mizuki è tornata a casa, e così farò io. Vuoi venire con me o preferisci tornare…
    –No, ti prego, tienimi con te.
    Maya afferrò istintivamente la mano di Masumi, trattenendo il fiato.
    –Sempre se non disturbo…–aggiunse, abbassando lo sguardo ancora incapace di sostenere il languore degli occhi di lui.
    L’uomo sfiorò con un casto bacio le sue labbra, sollevandole garbatamente il volto con la mano. Hijiri, fingendo di essere assorto nella guida, li guardava di sottecchi dallo specchietto retrovisore.

    In pochi attimi l’auto giunse a villa Hayami. Un inserviente accolse con stupore Masumi e Maya, quest’ultima decisamente inattesa.
    –Mio padre è ancora sveglio? – chiese Masumi, prevenendo qualsiasi tipo di convenevoli da parte dei dipendenti di casa.
    –Sì, signor Masumi – fu la risposta esitante a quello che sembrava quasi un ordine. –La attende nel suo studio di sopra.
    Masumi annuì.
    –Gentilmente, preparate la stanza per gli ospiti per la signorina e portatevi i suoi bagagli.
    Maya si guardava intorno trasognata. Era già stata in quelle stanze, ne aveva già respirato l’atmosfera, anche se non vi aveva prestato attenzione. Si sarebbe persa nel ricordare le scene sviluppatesi in quel teatro anni addietro, se Masumi, notando il suo sguardo assente, non avesse avvicinato il suo volto a quello di lei, sorridendo graziosamente.
    –Ero certo che ti saresti ricordata,– le sussurrò con un finta ironia, –dopo tutte le tue proteste dell’ultima volta…
    Maya ebbe un sussulto: l’improvvisa vicinanza dell’uomo le infiammò immediatamente il volto.
    –Ma-masumi… io…
    Masumi rise sommessamente.
    –Scherzavo, Maya.
    La ragazza abbassò lo sguardo, sorridendo.
    –Ti prego di perdonarmi se ti ho relegata alla camera degli ospiti –aggiunse l’uomo, lasciandole una carezza sulla guancia, –non posso fidarmi di nessuno in questo momento, nemmeno di chi lavora per la mia famiglia da anni. Non permetterò a nessuno di avere la più piccola possibilità di farti del male.
    Maya prese la mano di Masumi tra le sue.
    –Io mi fido di te, Masumi, lo sai. Saprò aspettarti con pazienza.
    A quelle parole, Masumi la strinse a sé per qualche istante.
    –Ora devo andare–disse sommessamente, separandosi da Maya, –Più tardi posso passare da te… se vuoi.
    Il sorriso radioso della ragazza, che accompagnò lo sguardo di Masumi mentre si allontanava, rendeva chiaro il suo desiderio. L’uomo si permise di considerarle un incoraggiamento inconsapevole per l’imminente incontro con suo padre.
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