Kostantin Stanislavskij

Il Metodo e l'Actor's Studio

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    KOSTANTIN STANISLAVSKIJ





    Kostantin Sergeevic Stanislavskij, pseudonimo di Kostantin Sergeevic Alekseev (Mosca, 5 gennaio 1863 - 7 agosto 1938), in quarant'anni di carriera fu attore, regista, scrittore e teorico teatrale, noto soprattutto per essere l'ideatore dell'omonimo e celebre metodo (Metodo Stanislavskij). Inoltre è stato uno degli inventori della regia. Le sue scoperte, passate sotto il nome di sistema, hanno cambiato il modo di accostarsi alla recitazione, sia da parte di chi la pratica, sia da parte di chi la studia o soltanto la osserva.







    Biografia artistica



    Stanislavskij, secondo figlio di una schiera di dieci, nasce a Mosca il 5 gennaio 1863 da una famiglia di ricchi e illuminati imprenditori, mecenati delle arti, gli Alekseev. Egli ha una precoce educazione teatrale e musicale. Cambiò il nome in Stanislavskij nel 1884, all'ingresso nel professionismo teatrale. Nel suo ambiente d'origine, il teatro non era considerato un'attività di cui andare fieri. La nonna materna, Maria Varley, era stata un'attrice, approdata in Russia durante una tournée con una compagnia francese. Innata o ereditata, la passione per il teatro segnò tutta la vita di Stanislavskij, dall'infanzia all'adolescenza, fino alla giovinezza e alla maturità artistica, secondo le scansioni in cui lo stesso Stanislavskij suddivide la sua vita nell'autobiografia. L'infanzia é la stagione delle serate al circo, del teatro di marionette, dell'opera italiana, del balletto classico. Già in queste frequentazioni infantili e adolescenziali, si rivela quella che sarà la concezione di Stanislavskij, di un attore che deve saper fare tutto. A questa voracità teatrale soccorrevano con generosità le ricche finanze paterne.
    Nel 1877 viene inaugurato il Teatrino di Ljubimovka, la casa di campagna, e nasce il Circolo Alekseev, nel quale in vari ruoli era impegnata l'intera famiglia. Uno degli ultimi spettacoli fu Mikado, di Gilbert e Sullivan, per preparare il quale Stanislavskij ospitò per molti giorni come maestri una troupe di acrobati giapponesi, di passaggio con un circo.
    Molto giovane é tra i fondatori di una nuova compagnia teatrale e inizia la sua ricerca sull'attività dell'attore e sul personaggio. Nel 1888, con Aleksandr Fedotov, noto attore e uomo di teatro, inaugura la Società di Arte e di Letteratura. Comincia la stagione professionale - anche con le prime prove di regia - in cui Stanislavskij attore sperimenta, e patisce, tutti i gradi dell'imitazione. L'esperienza più significativa di questo periodo é l'Otello, del 1896: alle prese con la dismisura della tragedia shakespeariana, Stanislavskij imparò a sue spese che non si può forzare il sentimento. La via per la condizione creativa é una via conscia, ma verso l'inconscio.
    A fine secolo, nel 1897, si verifica la svolta decisiva. Dal memorabile incontro col noto critico teatrale e affermato drammaturgo Vladimir Nemirovic-Dancenko nasce una nuova collaborazione che porterà alla luce le basi della riforma teatrale russa del '900 che durerà fino alla morte di Stanislavskij nel 1938. Inoltre prende corpo il progetto del Teatro d'Arte di Mosca, ("Una conferenza internazionale non esamina i suoi importanti problemi con la precisione con cui noi allora esaminammo le basi della futura impresa, i problemi di arte pura, i nostri ideali artistici, l'etica del teatro, la tecnica, i piani di organizzazione, i progetti del futuro repertorio, i nostri approcci reciproci", ricorda Stanislavskij), fondato dai due l'anno successivo. L'inaugurazione, nel 1898 appunto, avvenne con Zar Fedor. Tra i tanti spettacoli delle prime stagioni troviamo Il Gabbiano di Cechov (1898) che, se non cronologicamente, é il battesimo simbolico del teatro, Bassifondi di Gor'kij (1902), Il Giardino dei Ciliegi (1904). Si precisa l'immagine di Stanislavskij regista, dallo stile basato sui toni melanconici, l'accurato realismo e le vivide scene di massa.
    Nel 1905 c'è il tentativo di uno studio con Mejerchol'd per mettere alla prova le suggestioni del simbolismo. Sono le prime prove di improvvisazione, di un diverso rapporto con il testo: ma sono prove premature, e la strada di Mejerchol'd aveva punti di partenza troppo distanti da quelli di Stanislavskij. Lo studio chiude lo stesso anno.
    Nel gennaio 1906 la compagnia del Teatro d'Arte parte per la prima tournée all'estero. A Berlino le fu decretato un vero trionfo. In particolare fu apprezzata l'interpretazione di Stanislavskij nel personaggio del Dottor Stockmann, in Un nemico del popolo di Ibsen, che da più di cinque anni era un sicuro cavallo di battaglia. Di ritorno dalla tournée, Stanislavskij si concede una breve vacanza in Finlandia. E' lì, da un leggendario scoglio in riva al mare, che nasce il "sistema".
    Durante gli anni della sua carriera, Stanislavskij intervenne attivamente in dibattiti sul teatro e scrisse numerosi commenti ai più importanti lavori teatrali messi in scena nella sua epoca.
    Per la formazione dell'attore Stanislavskij applicò il suo metodo (che non racchiude certo tutta la sua produzione, né si riduce ad un isolato "colpo di genio") che si basava sull'analisi e sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità e aspetti comuni tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'interprete, quindi dell'attore. I risultati dei suoi studi furono raccolti in volumi. Nel 1938 (anno della sua morte) pubblicò Il lavoro dell'attore su sè stesso, unico libro pubblicato quando il maestro era ancora in vita, e nel 1957 uscì postumo Il lavoro dell'attore sul personaggio, che raccoglie gli ultimi appunti dell'artista. Nell'autobiografia che venne pubblicata nel 1926, e che fu tradotta in tutto il mondo, l'autore traccia in modo impareggiabile il quadro della vita teatrale moscovita di quasi mezzo secolo.





    Lo scoglio in Finlandia

    Del Dottor Stockmann Stanislavskij ricorda: "dopo aver letto l'opera, la capii immediatamente, la rivissi, e recitai la parte già alla prima prova". Aggiunge che l'anima e il corpo di Stockmann e di Stanislavskij si fondevano organicamente l'uno con l'altro. Ma, dallo scoglio in Finlandia, Stanislavskij si rende conto che l'organica fusione non c'è più: il corpo é restato solo. I gesti, gli atteggiamenti del personaggio si ripresentano invariati, ogni sera in scena, ma questo accade per pura "memoria dei muscoli". I ricordi, le vive emozioni che giustificavano quelle azioni, sono perduti. "Come preservare la parte da questa morte spirituale?", si chiede. Si chiarisce definitivamente la differenza - in realtà, l'opposizione - tra condizione dell'attore e condizione creativa. Stanislavskij scopre che "l'attore prima di tutto deve credere a tutto ciò che avviene intorno a lui e principalmente a ciò che egli stesso fa. Ma si può credere soltanto alla verità". Sentire la verità della scena come se fosse la verità reale. Ad attivare per via tecnica questo come se, Stanislavskij dedicherà gran parte della sua ricerca sul "sistema", cercando di indurre prima di tutto l'anima a credere. Salvo a rendersi conto, più tardi, che se il corpo non incomincia a vivere, l'anima non crede. Dopo quella dello scoglio in Finlandia, sarà l'altra rivoluzione nella vita nell'arte di Stanislavskij.


    Negli anni successivi, gli spettacoli sono soprattutto tappe nella graduale crescita del "sistema". Il dramma della vita di Hamsun (1907), con La vita dell'uomo di Andreev, dello stesso anno, e Un mese in campagna di Turgenev (1909), sancisce definitivamente che non esiste azione esteriore per sé: l'azione esteriore é indissociabile da una corrispondente azione interiore. Nel 1911 debutta Amleto, allestito con la regia di Gordon Craig. Un grande evento, all'insegna di quel lungimirante egoismo che era la generosità di Stanislavskij. La diffidenza per l'attore, se non portato alla perfezione della supermarionetta, di Craig, non poteva conciliarsi con la cura pedagogica che Stanislavskij aveva proprio verso l'umanità dell'attore. Il vero banco di prova del "sistema" fu il Primo Studio. Inaugurato nel 1912, a dirigerlo Stanislavskij chiamò l'amico Leopol'd Sulerzickij, che non vantava una grande esperienza di teatro ma che aveva una profonda esperienza di uomini. Ai giovani allievi dello Studio, Sulerzickij non portava la conoscenza di trucchi del mestiere; portava, seppur con l'insofferenza per quei trucchi, il senso di una necessità etica, prima che professionale, di cercare la verità. A rendere famoso il Primo Studio, creando le premesse, per la sua dissoluzione, fu Il grillo del focolare, riduzione da Charles Dickens andato in scena il 24 novembre 1914. Un inno, commosso e intimo, alla bontà dell'uomo; ma anche un trionfo di pubblico e critica, purtroppo. Al Primo Studio seguirono il Secondo Studio, lo Studio Cechov, guidato dall'attore Michail, nipote del grande drammaturgo, lo Studio Vachtangov, e altri: in una visione di teatro che sempre più si allontanava di fatto dallo spettacolo come prodotto per privilegiare invece il processo di crescita verso lo spettacolo. Fino alla Rivoluzione d'Ottobre, oltre alle difficoltà della guerra, ci furono quelle di un lavoro d'attore sempre più impegnato - a volte invischiato - nell'analisi e nel perfezionamento degli strumenti messi in campo.





    La tragedia del Villaggio Stepancikovo

    Quando, l'11 gennaio 1916, cominciano le prove del Villaggio Stepancikovo, di Dostoevskij, Stanislavskij é da poco reduce da Mozart e Salieri di Puskin. Quello spettacolo gli aveva dimostrato che non basta che l'anima creda, e gli aveva fatto intuire anche la decisiva importanza della musica, o di un suo equivalente funzionale. Il Villaggio Stepancikovo fu il drammatico punto di svolta tra un modo di operare affidato alla reviviscenza, e una nuova via in cui fosse il corpo che vive ad indurre l'anima a credere. Per ogni più piccola sezione della parte, Stanislavskij cercò di immergersi a fondo nelle circostanze date del personaggio, e solo come risposta alla domanda su come avrebbe agito lui, l'attore, come far scaturire l'azione. Sebbene l'accento si spostasse sull'azione, la dipendenza dallo stato emozionale - nel groviglio di circostanze date che lo determinano - restava decisiva. Stanislavskij lavorò, per la sua parte e per la parte del collega Moskvin, un anno intero, senza successo. E per giunta, nel dicembre del 1916 era morto l'amico fraterno Sulerzickij. Nel febbraio 1917, Nemirovic-Dancenko, quale condirettore del Teatro d'Arte, decise di intervenire energicamente per salvare lo spettacolo. Lavorò a lungo e con pazienza, ma alla prova generale del 28 marzo 1917, Stanislavskij non ce la fece quasi a portare a termine la rappresentazione, tanto grande era lo sforzo di vivere continuamente dentro il mondo del personaggio. Nemirovic-Dancenko gli tolse la parte e l'affidò a un altro attore. Si concludeva così uno scontro in cui le due parti avevano ciascuna diverse facce. C'era quella caratteriale di Stanislavskij contro Nemirovic-Dancenko, tra i quali, dopo lo storico incontro del 1897, non avevano tardato a manifestarsi profonde divergenze artistiche, specie dopo l'infatuazione di Stanislavskij per il "sistema". C'era quella di un approccio letterario e filologico contro un approccio scenico e operativo verso lo spettacolo. E c'era soprattutto lo scontro tra un "sistema" che cominciava ad irrigidirsi sul primato dell'anima che crede, ed un "sistema" invece che si disponeva a rinunciare a un tale primato per assicurarne l'obiettivo essenziale. Per essere fedele alla sua ricerca, contro l'insorgente ortodossia, Stanislavskij pagò il prezzo più cocente per un attore della sua esperienza e della sua fama. Lo pagò con assoluta disciplina. Si concesse solo di non dare alle stampe il capitolo per il quale aveva cominciato a prender note, dal titolo Il Villaggio Stepancikovo. La mia tragedia.


    Dal 1918 al 1922 Stanislavskij lavora al Teatro Bol'soj creandovi uno Studio operistico con lo scopo di insegnare ai cantanti come muoversi in scena. Il 15 giugno 1922 va in scena l'Eugenio Onegin. La rivoluzione, oltre alle difficoltà materiali, aveva ingabbiato Stanislavskij anche con la responsabilità di una fama che non sentiva in armonia né con le sue inclinazioni né, soprattutto, con la sua solidarietà al nuovo regime.
    Dal 1922 al 1924 c'è la grande tournée euro-americana. Partenza il 4 settembre 1922; tappa a Parigi, dove per la partenza Jacques Copeau pronuncia un discorso in onore del grande maestro russo. L'arrivo a New York é nel gennaio 1923. Giro, tra le altre città, a Chicago, Philadelphia, Boston. Dopo un intervallo in Europa, nuovo sbarco a New York nel novembre 1923. Il 20 marzo 1924, Stanislavskij e la compagnia del Teatro d'Arte vengono ricevuti dal Presidente Coolidge. Rientro a Mosca l'8 agosto 1924. Già famoso in partenza, il giro consolidò la consacrazione di Stanislavskij, fino alla fissità di un'icona. Comincia la stagione di scrittore - My Life in Art é del 1924 - nella sua duplice vicenda, tra America e Russia.
    Dopo il ritorno dall'America, l'impegno per la messa in scena di spettacoli si fa decisamente meno intenso rispetto al passato. C'é, nel 1926, il trionfo dei Giorni dei Turbin di Michail Bulgakov, divenuto collaboratore del Teatro d'Arte, che Stanislavskij cercherà inutilmente di ripetere, nel 1932, con la riduzione di Anime Morte di Gogol e con Molière, del 1936. C'é Il matrimonio di Figaro, del 1927. Quanto all'attività pedagogica, nel 1926 lo Studio operistico si trasforma nello Studio Stanislavskij. Oltre alla messa in scena di opere, vi continuano le ricerche sul lavoro dell'attore. Nel 1935, Stanislavskij dà vita al suo ultimo Studio, lo Studio operistico drammatico. Nel segreto della sua casa, tra il sentore dei medicinali coi quali riusciva a sopravvivere all'infarto che lo aveva colto in scena nel 1928, con pochi allievi ai quali consegnare la sua conoscenza, Stanislavskij rivoluziona il "sistema" di cui aveva scritto e che, senza rinnegarlo né contraddirlo, vedeva ora, alla fine della vita, come un punto di partenza per continuare le sua ricerca.
    Stanislavskij muore a Mosca il 7 agosto 1938. Tartufo (leggi QUI), sul quale si era concentrata l'ultima attività dello Studio, andò in scena il 4 dicembre 1939.


    Nota: "sistema" viene scritto sempre tra virgolette. Stanislavskij, in aggiunta, premetteva cosiddetto, per marcare meglio la distanza tra il suo pensiero e quello che già in vita paventava gli venisse indebitamente attribuito come suo.





    Il Metodo Stanislavskij



    Reso celebre dall'Actor's Studio di New York che ne fa il suo metodo basico, il Metodo Stanislavskij é uno stile di insegnamento della recitazione concepito e messo a punto da K. S. Alekseev, in arte Stanislavskij (che solitamente lo chiama psicotecnica), tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento e da questo divulgato in America nei primi anni del Novecento con varie tournée teatrali e successivamente scrivendo diversi libri sull'argomento.
    Il "metodo" si basa sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore. Si basa sull'esternazione delle emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo. E' fondato sul naturalismo psicologico in cui l'attore esprime i propri sentimenti con veridicità assoluta. Attraverso il risveglio del subcosciente vengono riportati in scena sentimenti ed emozioni già vissuti. Tale "metodo" pone cioé l'attore al centro del processo creativo: il suo compito non é infatti quello di recitare, bensì quello di essere sé stesso, dopo essersi calato interamente nel personaggio cui sta dando vita. L'attore non imita ma diventa il personaggio che deve rappresentare, in una sorta di gioco (il cinema) che lo libera dalla finzione, permettendogli di vivere il personaggio che gli é stato affidato. Per Stanislavskij l'attore non recita, ma trova nel personaggio quell'identità che la realtà gli nega. Molta attenzione é dedicata dal "metodo" al linguaggio non verbale, mira alla crescita del metodo recitativo attraverso lo sviluppo del linguaggio corporeo e all'educazione vocale. Per ottenere la credibilità scenica il maestro Stanislavskij creò esercizi che stimolassero le emozioni da provare sulla scena, dopo aver analizzato in modo profondo gli atteggiamenti non verbali e il sottotesto del messaggio da trasmettere.
    I risultati dei suoi studi furono raccolti in alcuni volumi. Nel 1938 pubblicò Il lavoro dell'attore su sé stesso e nel 1957 uscì postumo Il lavoro dell'attore sul personaggio.
    Se il "metodo Stanislavskij" pone alle basi dell'arte dell'attore il concetto dell'immedesimazione, il metodo opposto si deve allo studio dell'opera di Bertolt Brecht, che invece basa la tecnica recitativa sulle capacità di straniamento. (Leggi QUI)





    Nascita del metodo



    Il "metodo" nasce tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento dalle puntigliose annotazioni di Stanislavskij sulle proprie esperienze. Egli cercò poi di trasmetterlo agli attori con risultati diversi e da qui si sviluppa anche il suo interesse per la scuola e la pedagogia. Le vicende della Rivoluzione Russa creano al teatro non pochi problemi e durante una tournée in America, egli scrive il primo dei suoi libri. Al suo ritorno si dedica ai classici e all'insegnamento del suo metodo.





    In dettaglio

    Se si segue la felice definizione il teatro é le donne e gli uomini che lo fanno, si arriva alla consapevolezza che questo magico mondo della rappresentazione prende piena forma dalle mani che lo indicano e dagli occhi che lo guardano, dai sogni che lo spingono e dalle idee di donne e uomini che nell'arte cercano un ordine nuovo per ovviare all'imperfezione della vita. Negli anni, molti artisti hanno contribuito a trasformare il palcoscenico in un "ponte" che unisce l'attore e lo spettatore, o in un salto nella forma che trova piena legittimazione nella rappresentazione. Di questi ponti Konstantin Stanislavskij é certamente uno dei più grandi costruttori, nella sua carriera ha unito il sapere, il fare ed il saper fare nel preciso intento di dare nuova forma alla rappresentazione teatrale. A Stanislavskij va il merito innanzitutto di aver dato forma ad una vasta pedagogia teatrale che, attraverso numerosi scritti, ha formato un metodo, detto appunto metodo Stanislavskij, tanto praticato da molti artisti in tutto il mondo. Questo metodo, va detto, riporta ad un particolare contesto storico e culturale che vede in molti luoghi, soprattutto in Francia, Germania, Inghilterra, Norvegia e Russia, la messa in discussione di tutti i valori morali, sociali, estetici e tradizionali. Il naturalismo di Zola e dei fratelli De Goncourt, la cura del dettaglio e l'autenticità della compagnia dei Meininger, il realismo scenico di Irving e lo stile irriverente di Ibsen accompagnano il teatro verso nuove prospettive e metodologie che devono necessariamente confrontarsi con il piccolo gigante nato dalle proiezioni dei fratelli Lumiere.
    Nel 1897, anno in cui Stanislavskij e il critico e drammaturgo Nemirovic-Dancenko danno vita al progetto del Teatro d'Arte a Mosca, una compagnia di attori professionisti e dilettanti, è già maturata la convinzione che il teatro é ormai avviato verso la nuova epoca della regia totalizzante. Questo aspetto colpisce l'attenzione del giovane Stanislavskij in occasione della tournée dei Meininger in Russia. Proprio la compagnia del duca Giorgio II di Saxe-Meininger, diretta da Ludwig Chronegk, aveva dato vita tra il 1866 e il 1894 ad un nuovo modo di intendere l'organizzazione dello spettacolo: ogni attore, infatti, era chiamato di volta in volta ad interpretare la parte per la quale era ritenuto più adatto. Questa nuova metodologia porta al superamento della regia tradizionale e del principio dei ruoli. In questo processo si inserisce una nuova figura, quella del regista, che decide quale attore sia più adatto ad interpretare un personaggio, azzerando in un sol colpo la consolidata gerarchia dei ruoli.
    Se a questo si unisce il fatto che, negli stessi anni della tournée dei Meininger, la Russia si preparava ad un'intensa rivoluzione culturale che avrebbe capovolto nel giro di pochi anni i valori delle vecchie gerarchie per attirare l'attenzione sulle problematiche della borghesia emergente (si guardino a tal proposito le opere di Gogol', Ostovskij, Cechov e Gor'kij), si arriva a comprendere che Stanislavskij e Dancenko si siano trovati, insieme al francese André Antoine, al tedesco Otto Brahm e all'olandese J. T. Grein, a condurre il nuovo movimento. Stanislavskij e Dancenko decidono di dar vita ad una nuova compagnia teatrale: al drammaturgo spetta la direzione letteraria del repertorio, all'attore il compito di dirigere attori e scenografi. I due hanno a disposizione i fondi del ricco mecenate Savra Morozov.
    Il successo del dramma di Cechov Il Gabbiano convince Stanislavskij a seguire la strada del realismo assoluto: sulla scena tutto diventa realtà effettuale, scompare la mimesi della realtà ed appare la realtà del personaggio. Per arrivare a questo, il regista individua un preciso metodo, detto psicotecnica, con il quale l'attore può ri-nascere per ri-vivere la vita del personaggio. Attraverso la reviviscenza (perezivanie) l'attore conosce il personaggio grazie alle proprie sensazioni e ai propri sentimenti: ogni azione, ogni gesto, viene vissuto dall'attore come se fosse in una totale immedesimazione, come se la vita del personaggio fosse possibile solo grazie alla linfa psicologica dell'attore. Quest'aderenza all'intima natura, porta l'attore a creare il sottotesto necessario alla realtà del personaggio.
    Tutto questo processo, dedicato al grande artista quale è l'attore, é emerso nel corso del Novecento negli allestimenti di Cechov, Shakespeare, Gor'kij e Maeterlinck, e, specialmente, nei numerosi scritti, in particolare ne La mia vita nell'arte, Il lavoro dell'attore su sé stesso, Il lavoro dell'attore sul personaggio e L'attore creativo.

    Nel corso del Novecento, la psicotecnica di Stanislavskij ha portato Lee Strasberg - leggi QUI - (pseudonimo di Israel Lee Stassberg, nato nel 1901 a Budzanow e morto a New York nel 1982) a riprendere e rivedere il metodo, insegnato poi e diffuso tramite il rinomato Actor's Studio di New York. Tra i più celebri esponenti di questo metodo riveduto da Strasberg, tant'é che il metodo é chiamato Stanislavskij-Strasberg, tra gli allievi dell'Actor's Studio, troviamo Marlon Brando, Meryl Streep, Al Pacino, Robert De Niro, Jack Nicholson.





    I processi di personificazione e reviviscenza



    Si può affermare che l'importanza del metodo sta soprattutto nel fatto che per la prima volta il processo creativo dell'attore venga sottoposto ad un'analisi rigorosa da parte di un attore competente, lui stesso, capace di utilizzare alcuni principi della moderna psicologia.
    Per Stanislavskij due sono i grandi processi alla base dell'interpretazione: quello della personificazione e quello della reviviscenza:
    - il processo di personificazione parte dal rilassamento muscolare per proseguire con lo sviluppo dell'espressività fisica, dell'impostazione della voce, della logica e coerenza delle azioni fisiche e della caratterizzazione esteriore.
    - Il processo di reviviscenza parte dalle funzioni dell'immaginazione e prosegue con la divisione del testo in sezioni, con lo sviluppo dell'attenzione, l'eliminazione dei cliché e l'identificazione del tempo-ritmo. La reviviscenza é fondamentale perché tutto ciò che non é rivissuto resta inerte, meccanico ed inespressivo. Ma non basta che la reviviscenza sia autentica, essa deve anche essere in perfetta consonanza con la personificazione. Infatti, a volte, una reviviscenza profonda é deformata da una personificazione grossolana dovuta ad un apparato fisico non allenato ed incapace di trasmettere quello che l'attore sente.





    Il lavoro dell'attore su sé stesso



    Il lavoro dell'attore su sé stesso viene scritto sotto forma di diario di un immaginario attore, Kostantin Nasvanov, che frequenta la scuola di teatro del regista Arkadij Nicolaevic Torcov dove apprende, durante i due anni di corso, le varie fasi del "metodo".
    Il libro si divide in due parti: nella prima parte spiega il metodo per attuare i sentimenti e nella seconda il metodo per creare i personaggi.

    Nella prima parte l'autore spiega che é fondamentale rivivere la scena. Attraverso il subconscio, la volontà e la coscienza, si deve giungere ad esprimere esternamente quello che é interiore, con l'apporto indispensabile della voce e del corpo che devono comunicare con precisione le sensazioni interiori. L'aspetto esteriore (trucco, costumi, etc.) é molto importante per concentrarsi sulla scena e per avere maggiore sicurezza, ma non é sufficiente. Il subconscio é molto importante in quanto é indispensabile alla creazione; esso si manifesta in effetti in tutti gli aspetti della vita normale, il guaio é che a teatro esso si manifesta di rado e pertanto va stimolato. Usando la psicotecnica, si porta l'attore in una condizione creativa che consente il prodursi del processo creativo subcosciente. Concentrando l'attenzione sul problema principale si stimola l'intervento del subconscio per la soluzione di tutti quelli minori.
    E' da evitare la recitazione d'istinto in quanto non sarà mai costante, ma alterna; così come quella "generica", in quanto l'arte ama l'ordine e l'armonia. Per fare questo bisogna dimenticare tutte le abitudini legate alla vita reale ed imparare tutto da principio, proprio come fa un bambino.
    Mentre si recita, l'azione per essere vera deve avere un fondamento e rispondere ad uno scopo. Uno dei primi concetti che Stanislavskij propone é il se che, insieme alle circostanze date, sono la chiave per un'azione scenica vera. L'attore deve domandarsi: "se io fossi in questa situazione...". Deve inoltre conoscere tutti gli elementi che determinano l'azione stessa per poter reagire con un'azione reale a delle circostanze immaginarie. E' fondamentale riconoscere il vero di una scena per raggiungere la verità scenica quasi assoluta, ma nello stesso tempo bisogna capire qual'è il falso ed eliminarlo, come i cliché della recitazione enfatica.
    L'immaginazione é indispensabile per il mestiere dell'attore non solo per creare, ma anche per rinnovare ciò che é già stato creato. La fantasia deve essere attiva e deve essere costantemente allenata. Lo scopo é quello di diventare protagonisti di questa vita immaginaria: io sono non vedendomi più in me stesso ma agendo in base ad essa.
    Anche l'attenzione e l'osservazione devono essere costantemente allenate, pure nella vita quotidiana; esse disciplinano la logica e la coerenza.
    Un metodo per allenare sé stessi ad estraniarsi dal pubblico è concentrandosi sul cosiddetto oggetto punto, all'interno del nostro cerchio d'attenzione.
    Un altro elemento é la memoria emotiva, capace di far riprovare tutti i sentimenti vissuti; essa ti aiuta nella rappresentazione in quanto li mantiene vivi. Aiuta a ripetere la scena senza riprendere il procedimento per arrivare al sentimento e nello stesso tempo evita la ripetizione sterile della scena. La memoria emotiva può essere stimolata attraverso i cinque sensi e da oggetti animati, oppure tramite delle azioni fisiche, dalla logica, dalla coerenza e dal vero. L'attore deve avere una vita intensa, ricca di fantasie ed emozioni, e deve avere inoltre uno stretto contatto con la natura.
    Si parla di vari tipi di comunicazione. Come il contatto con sé stessi, in cui é difficile individuare con precisione soggetto e oggetto interiori. Il contatto reciproco fra più attori é più facile, ma é necessario eliminare il vizio di mestiere che, non ascoltando la risposta dell'altro, distrugge la continuità del contatto reciproco ed interrompe il flusso dell'energia e dei sentimenti. Un altro tipo di comunicazione avviene con un oggetto immaginario, dove è importante la funzione del se per stabilire un contatto effettivo. Il contatto più difficile é quello col pubblico, che avviene, o indirettamente attraverso il compagno, oppure direttamente con il pubblico sul palcoscenico. Il problema principale sta nell'evitare i contatti sbagliati e per fare questo bisogna individuare e conoscere bene l'oggetto con cui comunicare.
    La tensione e lo sforzo muscolare disturbano il lavoro interiore e la rievocazione delle esperienze vissute. Si deve riuscire ad individuare i punti di tensione e a rilassarli, mantenendo tesi solo i muscoli necessari al movimento.
    Per poter memorizzare ed apprendere meglio un testo teatrale, questo va diviso durante l'esercitazione in piccole sezioni, che sono più facili da elaborare; invece durante la rappresentazione bisogna tener conto delle sezioni più grandi passando da una all'altra senza perdere di vista lo scopo finale della scena. Inoltre il tema principale deve essere presente per tutta la durata dello spettacolo e chiaro a tutti gli interpreti, ognuno dei quali lo filtra attraverso il proprio io, e lo assimila attraverso la propria sensibilità. I se e le circostanze date assumono un senso solo quando trovano la loro relazione con il tema principale. L'attore non deve mai perdere di vista il tema principale perchè questo significa spezzare la linea di continuità di vita del dramma ed é la fine per la parte, per l'attore e per tutto lo spettacolo. Grazie a questa linea ininterrotta si può parlare di creazione, e avendone molte di queste linee, é possibile che l'uomo attore e l'uomo personaggio riesca a vivere in scena.





    L'educazione fisica

    Nella seconda parte del libro, Stanislavskij scrive che, per arrivare alla realizzazione del personaggio, un passaggio fondamentale é rappresentato dal perfezionamento del nostro apparato fisico in tutti i suoi aspetti; questo, nel suo insieme, deve essere in grado di rappresentare al meglio le sensazioni interiori.
    L'educazione fisica serve a rendere il corpo dell'attore robusto e potente ma non deve portare a nessuna deformazione esagerata, infatti la ginnastica deve correggere, non deformare. Si devono correggere i difetti e mantenere le parti già proporzionate. Ad esempio, dall'acrobatica bisogna prendere la prontezza di decisione che aiuterà ad essere più sciolti e più agili in scena. La danza non solo raddrizza il corpo ma allarga i movimenti rendendoli precisi e completi. Inoltre scioglie gambe e braccia, e dà la giusta impostazione alla spina dorsale. Quando con l'esercizio saremo in grado di sentire dentro di noi l'energia che attraversa il corpo, la chiameremo senso del movimento.
    Il modo di camminare ha un'importantissima funzione in scena: l'andatura deve essere il più naturale possibile, priva di oscillazioni orizzontali o verticali. Per ottenere questo, una particolare attenzione dev'essere dedicata al corretto uso di tutte le parti del corpo: gambe, piedi, dita su tutte.
    Per quanto riguarda la voce, prima di tutto bisogna controllare il proprio apparato respiratorio e vocale, ed esercitarlo. La voce va impostata seguendo un metodo preciso e per fare questo occorre un intenso allenamento. Una volta che la voce è ben impostata bisogna iniziare a parlare come si canta.
    Un artista deve inoltre possedere una dizione perfetta: mentre parla non solo deve sentire ogni frase ed ogni parola, ma anche ogni sillaba ed ogni lettera. L'attore deve continuamente sforzarsi di parlare in modo corretto e armonioso sia nella vita che sulle scene. Le pause inoltre mettono in risalto le parole più importanti, separandole dalle altre, e quelle più lunghe sottolineano il significato interiore della frase.
    Le pause psicologiche servono a dar vita al pensiero e a comunicare il sottotesto, ovvero la trama che sta sotto al testo, e che ne determina la direzione e il significato.
    A teatro, per comunicare meglio con il pubblico, si usa l'intonazione, cioé l'alternanza di crescendo e calando che dà forza alla parola.





    Il tempo-ritmo

    Uno dei punti nevralgici del "sistema" é il tempo-ritmo. Ogni nostra azione nella vita é regolata da un tempo-ritmo a cui non prestiamo attenzione. Per l'attore invece é molto importante sviluppare il proprio metronomo interiore che lo aiuti ad individuare e a seguire il tempo-ritmo della scena e della sua recitazione.
    In molti testi teatrali sono presenti contemporaneamente diversi tempi-ritmi che si intersecano anche in un solo personaggio. Per l'attore sviluppare un buon senso del tempo-ritmo é cosa fondamentale per poter rendere al meglio la parte, e solo pochi hanno questo senso innato.





    L'etica e la disciplina nel teatro

    L'etica e la disciplina sono aspetti indispensabili alla carriera dell'attore, senza di esse una perfetta e complessa macchina come il teatro smetterebbe ben presto di funzionare. Sono tantissime le persone che concorrono a mettere in scena un pezzo teatrale e senza una severa disciplina non sarebbe assolutamente possibile la realizzazione di uno spettacolo. Inoltre, l'etica per un attore vuol dire affrontare il proprio lavoro in maniera responsabile avendo cura della propria parte, ma anche di quella dei colleghi e dei compagni. Deve inoltre impostare la propria vita privata con gli stessi principi.





    Sintesi finale

    Per riassumere il "metodo" si esemplifica la sensibilità scenica generale con un "sistema" basato su tre idee fondamentali:

    - la prima é che l'arte dell'attore drammatico é l'arte dell'azione interiore ed esteriore;
    - la seconda riprende la massima di Puskin: la verità delle passioni e la verosomiglianza dei sentimenti nelle circostanze date;
    - la terza mette in evidenza che la creazione inconscia della natura passa attraverso la psicotecnica cosciente dell'attore.

    Partendo da queste basi si costruisce tutto il resto attraverso il processo della reviviscenza e il processo della personificazione. Con l'aiuto dei tre motori fondamentali della vita psichica, l'intelletto, la volontà e il sentimento, che attraversano il testo e la parte, vengono gettati i semi che danno vita al processo creativo che mano a mano che si sviluppa, diviene più armonioso.
    La nostra parte interiore con tutte le sue qualità, le sue facoltà e possibilità, le sue doti naturali, le sue abilità artistiche e le sue doti acquisite, filtra gli elementi spirituali del personaggio e genera le linee di tendenza definitive, formate dalla fusione di questi elementi interni ed esterni. Queste andranno infine a confluire e ad annodarsi nella sensibilità scenica generale e nella linea d'azione della parte che tende al super compito finale.







    Il lavoro dell'attore sul personaggio



    Il lavoro dell'attore sul personaggio (Rabota aktera nad rol'ju) é una raccolta di studi critici ed appunti raccolti da Stanislavskij e pubblicata postuma nel 1957.
    Il testo rappresenta un approfondimento del primo lavoro, Il lavoro dell'attore su sé stesso, che é complementare per uno studio dell'arte della recitazione e della messa in scena. Stanislavskij affrontò prima il problema della preparazione dell'attore, per poi concentrarsi sul lavoro di quest'ultimo sul testo e sull'allestimento.
    La storia della stesura dell'opera é molto tormentata: concepito come quarto volume di una serie di saggi e studi sulla recitazione (i volumi previsti, non tutti realizzati, erano sette), non fu mai terminato per l'enorme mole di materiale continuamente raccolto da Stanislavskij in oltre vent'anni e mai organizzato in maniera omogenea.





    Actor's Studio



    L'Actor's Studio é un laboratorio e scuola d'arte drammatica per la formazione al mestiere dell'attore fondata a New York nel 1947, con sede sulla 44° strada della città. E' basata sul Metodo Stanislavskij e ha formato diversi attori tra i più celebri del cinema e del teatro.





    Storia

    Fu fondata nel 1947 da Elia Kazan, Cheryl Crawford, Robert Lewis e Stella Adler, provenienti dal Grou Theatre, che improntarono gli insegnamenti basandosi sul famoso Metodo Stanislavskij, insegnatogli negli anni Trenta dal regista Richard Boleslavski, appartenente a un gruppo di emigranti russi facenti parte dell'American Laboratory Theatre, che sostenevano la tecnica recitativa improntata al massimo del realismo psicologico.
    Nel 1950 Lee Strasberg ne assunse la direzione, carica che mantenne fino alla sua morte nel 1982. Divenne maestro di molti aspiranti attori, divenuti successivamente famose "star" del cinema, tra cui: Anne Bancroft, Marlon Brando, James Dean, Marilyn Monroe, Paul Newman, Al Pacino, Harvey Keitel, Shirley MacLaine, Eli Wallach, Lauren Bacall, Robert De Niro, Susan Sarandon, Meryl Streep, Steve Mc Queen, Nastassja Kinski, Angelina Jolie, Edward Albee, Alan Alda, Ellen Burstyn, Montgomery Clift, Glenn Close, Billy Crystal, William Dafoe, Geena Davis, Sandy Dennis, Jane Fonda, Harrison Ford, Andy Garcia, Lee Grant, Tom Hanks, Terence Hill, Kim Hunter, Martin Landau, Norman Mailer, Karl Malden, Thomas Milian, Geraldine Page, Estelle Parsons, Sean Penn, George Peppard, Sidney Poitier, Anthony Quinn, Tim Robbins, Julia Roberts, Mickey Rourke, Meg Ryan, Sissy Spacek, Sylvester Stallone, Maureen Stapleton, Rod Steiger, Christopher Walken, Sigourney Weaver, Tennessee Williams, Shelley Winters, James Woods, Joanne Woodward e molti altri.





    Actor's Studio: quando il "metodo" si impose nel cinema USA

    Da Stanislavskij a Strasberg...E ritorno...

    All'origine ci fu il libro del teatrante russo Kostantin Stanislavskij Il lavoro dell'attore su sé stesso (1938), in cui l'autore divideva in due parti l'oggetto del titolo, ossia nel lavoro su di sé nel processo di creazione o delle prove, e nel lavoro su di sé nel processo di espressione per l'esecuzione scenica.
    Sviluppando la dottrina di Stanislavskij, Lee Strasberg elaborò il "metodo", che egli cominciò a insegnare all'Actor's Studio, fondato dal regista Elia Kazan nel 1948. Il "metodo" é costituito innanzitutto dal rilassamento, con la concentrazione sul corpo e, poi, da due punti su cui insistere particolarmente: l'improvvisazione e la memoria affettiva. Altre componenti sono considerate la serietà di approccio al personaggio, la semplicità e l'assenza di esibizionismo.
    Il primo grande "applicante" del metodo fu Marlon Brando, che sconvolse il mondo per il suo stile recitativo, anticipando di qualche decennio un fenomeno che lo avrebbe eletto a Dio (più che a divo) de venerare. Nonostante si riconoscesse da ogni parte l'infinita e originale bravura interpretativa di Brando, era impensabile, almeno da principio, che sarebbe arrivato un periodo in cui tutti i principali attori di Hollywood sarebbero divenuti seguaci del suo stesso metodo: Al Pacino, Jodie Foster, Dustin Hoffman, Robert De Niro, Jessica Lange, Leonardo Di Caprio, sono solo alcuni famosi esempi, pur se declinati in forme e modalità di volta in volta spurie e apostatiche. A conti fatti, fu proprio grazie al "metodo" che negli anni Settanta Marlon Brando godette del fatto che quasi tutti i registi con cui lavorò gli lasciarono briglia sciolta, specie all'indomani della conferma data dalla performance in Il Padrino (1972), con il quale vinse l'Oscar: così fece Bernardo Bertolucci in Ultimo Tango a Parigi (1972), in cui il personaggio é quasi tutto inventato dall'attore; stesso dicasi per Arthur Penn in Missouri (1976), dove Brando chiese e ottenne di cavalcare un asinello indossando una veste di donna (pare in omaggio alla madre, attrice mancata).
    Il periodo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta sancì la definitiva affermazione del "metodo" dell'Actor's Studio. La retrospettiva organizzata dalla Festa del Cinema di Roma 2007 in celebrazione di quella - per molti versi unica - fucina di talenti attoriali, si riferisce principalmente a quegli anni. Essa parte dal 1961, anno di produzione del film hollywoodiano "maledetto" per antonomasia Gli Spostati di John Huston, in cui Clark Gable, Montgomery Clift e un'ipnotica Marilyn Monroe realizzano uno dei più intimisti, dolenti e sinceri triangoli sul mal di vivere nella storia del cinema americano, con Clift perfetto adepto delle regole del "metodo" che trascina con sé, sulla strada di un'immedesimazione ai limiti dell'autodistruzione, i suoi compagni di set (pare che né Gable né la Monroe fossero insensibili al magnetismo dolente del giovane e già "consunto" partner), mentre sul film già aleggiava una sorta di preveggenza (conscia o inconscia?) sui prossimi tragici futuri della vita dei tre attori.
    Sul "metodo" però non investono soltanto divi del cinema in declino, ma anche attori rampanti che vogliono confermarsi tali, come Paul Newman in La dolce ala della giovinezza (1962) di Richard Brooks, Rod Steiger in L'uomo del banco dei pegni (1965) di Sidney Lumet e la coppia John Voight - Jane Fonda in Tornando a casa (1978) di Hal Ashby, oppure divi in forte ascesa, come la stessa Jane Fonda in La Caccia (1966) di Arthur Penn, al fianco di Brando, e in Una squillo per l'ispettore Klute (1971) di Alan J. Pakula; o come Dustin Hoffman ne Il Laureato (1967) di Mike Nichols e in Un uomo da marciapiede (1969) di John Schlesinger, in cui recita anche Voight; o ancora i vari James Caan in Non torno a casa stasera (1969) di Francis Ford Coppola, Al Pacino in Panico a Needle Park (1971) di Jerry Schatzberg, Ellen Burstyn in Alice non abita più qui (1975) di Martin Scorsese o il giovane cast de L'ultimo Spettacolo (1971) di Peter Bogdanovich.
    Uno spazio a parte merita Dustin Hoffman, che fu il primo antidivo della New Hollywood proprio con l'interpretazione di Benjamin Braddock de Il Laureato (in originale The Graduate) di Mike Nichols. Tratto dall'omonimo (e bellissimo) libro di Charles Webb, Il Laureato é interamente incentrato sul misterioso malessere che avvolge il protagonista Benjamin, ragazzo di buona famiglia, fresco di laurea e teoricamente avviato a una carriera di grandi soddisfazioni personali. La duplice relazione con la signora Robinson (un'epocale Anne Bancroft, già star piuttosto consolidata e anch'essa seguace del metodo) e sua figlia Elaine, lo porta finalmente a reagire da uno stato di costante sofferenza morale e apatia. Hoffman (che fu una scelta di ripiego) riuscì a rappresentare i turbamenti di un'intera generazione di rebels without a cause. A differenza degli antieroi, quasi ante litteram, di Brando e Dean, ugualmente insofferenti ai miti sacri della borghesia americana, Hoffman seppe personificare un ragazzo sostanzialmente incapace di reagire, trasportato sia dai non-eventi che dagli eventi, almeno fino alla fuga dal matrimonio, per poi ritornare, nell'atto finale, agli irrisolti dubbi morali. Il Braddock di Hoffman è un personaggio negativo eppur vicinissimo alla nuova sensibilità giovanile che, stanca di falsi eroi e desiderosa di maggiore empatia nei confronti dei loro slanci affettivi da parte della Settima Arte e delle gesta delle star, mirava a imporsi in quegli anni di contestazione al Sistema. Infine Hoffman inaugurò con questa felice performance anche la cosiddetta stagione dei brutti(ni) ma bravi , che mutò sensibilmente i canoni dei sex-symbol a venire.

    (Raffaele Monti)




    (Fonti principali: Wikipedia; introduzione al volume Stanislavkij. Dal lavoro dell'attore al lavoro su di sé del Prof. Franco Ruffini, Laterza editore; Teatro di Nessuno; Correrenelverdeonline; Cinemavvenire; Progetto Idra)






    Edited by dezda26 - 9/8/2011, 16:30
     
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