Lande Dimenticate

Il selvaggio dell’Aveyron

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Giugiola18
        +1   +1   -1
     
    .

    User deleted


    E cco l'opera con cui Maya riesce a ritornare in lista per la Dea Scarlatta

    Lande Dimenticate la storia di una ragazza che fin da bambina viene allevata dai lupi e poi viene portata nella società degli esseri umani dove tentano di eliminare la sua natura selvatica e farla tornare alla "vita civile".

    Nel manga si dice che sia una storia vera e penso proprio che quest'opera sia davvero stata presa da una storia vera...ho infatti trovato qualcosa di molto interessante gironzolando in internet:

    Ragazzino-lupo
    Verso la fine del XVIII secolo, nell’Aveyron in Francia, correva voce che un essere selvaggio girovagasse nel bosco cercando radici e ghiande. Sembravano solo fandonie invece, nel settembre 1799, tre cacciatori riuscirono a bloccarlo mentre si arrampicava su un albero. Con loro grande stupore si trovarono di fronte un ragazzino nudo, sozzo, dalla carnagione chiara, che si dimenava per sfuggire alla cattura. Aveva capelli lunghi e aggrovigliati, denti affilati e gialli, occhi bruni, naso lungo e appuntito, mento sfuggente e un collo elegante sfigurato da una cicatrice. Doveva avere qualcosa come 11-12 anni, ma era basso per la sua età, neppure un metro e quaranta, e poi ringhiava e tentava di mordere chiunque.
    Il ragazzino fu legato, portato in paese e affidato a una vedova che tentò di dargli un po’ d’affetto. Niente da fare: il giovane andava avanti e indietro come un animale in gabbia, sputando, orinando e defecando ovunque. Alla fine i suoi ripetuti tentativi di fuggire riuscirono e dopo due giorni tornò fra le montagne. Venne l’inverno, un inverno rigido, e i villici si chiesero se quell’essere, all’apparenza così gracile, potesse resistere al freddo e alla neve. Evidentemente non aveva problemi. Dapprima fu avvistato seminudo in lontananza, poi fu visto scorrazzare vicino al villaggio. In primavera venne catturato di nuovo e questa volta in maniera definitiva. Fu trasportato all’ospedale Saint-Afrique, quindi a Rodez.

    Victor a Parigi
    Le voci sul ritrovamento si diffusero a macchia d’olio. Il caso era eccezionale, soprattutto per lo studio della mente, così il ragazzo dell’Aveyron venne richiesto a Parigi dove l’interesse e la curiosità crebbero di giorno in giorno. Se ne parlava come del “nobile selvaggio” descritto da Rousseau, ma chi si aspettava di vedere un uomo fiero, dai modi rudi e nel contempo affascinanti, rimase oltremodo deluso. Quello che si trovò di fronte era un essere tanto animalesco da mordere e graffiare chiunque gli si avvicinasse, che emetteva soltanto grugniti e ringhi, che andava avanti e indietro come una fiera in gabbia. Il famoso ed esperto psicologo Philippe Pinel mise a tacere le voci discordi che si erano levate sul suo conto: il selvaggio era un ritardato mentale che differiva dalle piante solo perché si muoveva e gridava. La diagnosi era autorevole e non lasciava spazio a repliche, tuttavia lo studio andava approfondito.
    Jean-Marc-Gaspard Itard, un medico appena ventiseienne, assunse l’incarico e subito si appassionò al caso. Quel selvaggio, così abulico e assente, non gli sembrava affatto ritardato. Nel suo modo di essere, anche se fissava il vuoto e si dondolava ossessivamente, c’era qualcosa che sembrava nascondere un’intelligenza latente in attesa di esprimersi. A riguardo i dati bibliografici non erano di grande conforto, tutti concludevano che nulla si potesse fare per educare i ragazzi selvaggi.
    Ma Itard si convinse che le testimonianze precedenti erano poche, incomplete e frammentarie: un apprendistato adeguato avrebbe riportato alla normalità il suo giovane paziente. Sarebbero stati necessari svariati anni, è vero, ma ne valeva la pena. Itard pianificò i suoi obiettivi: 1) interessarlo alla vita sociale; 2) risvegliare la sua sensibilità nervosa; 3) migliorare la sua fantasia; 4) insegnargli a parlare attraverso l’imitazione; 5) farlo esercitare nelle operazioni più semplici per poi procedere alle più complesse. Lo chiamò Victor, per quel suo strano modo di girarsi ogni qual volta si esclamava “oh!”, e si mise al lavoro.
    Da quando era arrivato a Parigi, Victor si era chiuso in sé stesso: dormiva, mangiava e in genere oziava rannicchiato in un angolo. Per prima cosa bisognava rendergli la vita più stimolante. Itard tentò regalandogli dei giocattoli, ma l’idea non ebbe successo: il ragazzino se ne disinteressò fino al punto di gettarli nel fuoco per scaldarsi. Itard, allora, riprovò cambiando tipo di stimoli, ma il risultato fu ugualmente scoraggiante. Victor rimaneva nel suo stato di perenne apatia per risvegliarsi solo in circostanze particolari. Una forte nevicata, ad esempio, lo eccitò oltremodo, ma si trattava di un raro episodio. Più spesso rimaneva assorto in uno stato melanconico per poi muoversi con movimenti marcatamente impacciati o compiere balzi improvvisi accompagnati da un dondolamento ritmico. Altro non si poteva dire. Forse amava la natura perché sembrava interessato ai cavalli e agli altri animali, ma il suo volto non tradiva nessuna emozione. Pareva non avesse sentimento alcuno. La Luna, quando di notte era alta in cielo, sembrava rasserenarlo - era stato forse allevato da animali notturni? -, ma nulla più. Per il resto Victor era indifferente al caldo e al freddo: poteva correre e rotolarsi seminudo nella neve senza scomporsi, allo stesso modo poteva addentare una patata bollente senza scottarsi.
    Rispondeva maggiormente ai sensi chimici (olfatto, gusto) e al tatto, meno alla vista e all’udito: anche un colpo di pistola non lo smuoveva. Ma Victor non era sordo, quando il rumore gli era familiare le sue orecchie funzionavano alla perfezione. Se ad esempio si sbucciavano le castagne alle sue spalle si girava interessato.
    Forse, pensò Itard, il gusto, il tatto e l’odorato erano sensi più primitivi, più automatici, mentre l’udito e la visione erano più raffinati e richiedevano organi specializzati che andavano adeguatamente educati. Evidentemente, nel caso di Victor, non lo erano stati.

    Victor prova a parlare
    Non riuscendo a ottenere dei segnali di risveglio emozionale dal suo giovane paziente, il dottor Itard tentò di fargli dire qualche parola. Nel caso più favorevole Victor avrebbe potuto raccontare della sua esperienza di selvaggio, un’evenienza estremamente eccitante. Purtroppo, anche in questo settore, non ci fu nulla da fare e Itard, sconsolato, scrisse: “Vedendo che il prosieguo dei miei sforzi e il passare del tempo non portavano a nessun cambiamento, mi sono rassegnato e l’ho abbandonato al suo incurabile silenzio”. Dopo un impegno durato svariati anni Victor era riuscito a pronunciare solo due parole: “lait”, ma senza che ne conoscesse per davvero il significato e “Oh Dieu”, un’esclamazione che aveva sentito dalla sua tutrice. Per il resto farfugliava ed emetteva i soliti grugniti. Neanche il tentativo di fargli distinguere i suoni, ad esempio la differenza fra una campana e un tamburo, ebbe successo. Dopo tutto, il compito non era così difficile e Itard ebbe l’impressione che Victor rispondesse solo a ciò che gli interessava. Forse era giunto il momento di smuoverlo cambiando atteggiamento: se Victor non aveva intenzione di mostrare le sue capacità con le buone l’avrebbe fatto con le cattive. Itard non era sadico e non voleva certo il male del suo sfortunato amico e paziente, ma forse le maniere forti erano necessarie per completare il programma che si era imposto. Bendò il ragazzo affinché si concentrasse sull’udito e iniziò a percuoterlo leggermente sulle mani per punirlo quando sbagliava. Anche così non andava, anzi più si faceva pesante l’addestramento e più si inasprivano i rapporti.
    Se i progressi di Victor si potevano riassumere nel capire alcune domande abbinate a piccoli compitini come “portami dell’acqua”, va da sé che il cercare di fargli compiere delle semplici operazioni mentali fu l’ultima frustrazione in ordine cronologico. Itard venne preso da sconforto. Dopo cinque lunghi anni di duro lavoro senza risultati il dottore divenne sempre più irascibile, perse spesso la pazienza, sfiorò persino la crudeltà e nel 1806 prese l’unica decisione possibile: rinunciò. Così scrisse: “Ho sperato invano. È stato tutto inutile. Sono svanite così le brillanti attese sulle quali mi ero basato”. Si pentì di aver iniziato quell’esperienza e arrivò a condannare la “sterile inumana curiosità degli uomini che avevano strappato Victor dal suo posto”. La storia del ragazzo dell’Aveyron finisce qui. Victor visse ancora a lungo, ma né gli insegnamenti di Itard né le cure della sua tutrice Madame Guérin, proseguite per oltre trent’anni, lo fecero mai cambiare.


    Voi che dite potrebbere essere possibile che la Miuchi abbia potuto prendere spunto da questa storia?

    *Tratto da Diogene N° 17
     
    Top
    .
  2. dezda26
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Dovevo inserirla io a giorni quest'opera per completare questa sezione... :sudo: comunque grazie per la collaborazione :arigato:
     
    Top
    .
  3. Giugiola18
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Spero di non essere stata troppo invadente :ehm:
     
    Top
    .
  4. dezda26
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Al più presto inserirò qui anche la mia scheda e scusate il ritardo. Grazie mille :arigato:
     
    Top
    .
  5. ABCDF80
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    wow che emozione!solo che qui il protagonista è un ragazzo :uff:
     
    Top
    .
  6.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    (rosa rosa)

    Group
    Fan
    Posts
    2,055
    Reputation
    +267
    Location
    Carrara

    Status
    In molte culture esiste l'archetipo ( se così possiamo chiamarlo ) del giovane allevato dagli animali selvatici.
    Il caso più emblematico, la Lupa Romana con i gemelli Romolo e Remo.
    Esistono in quasi tutte le culture, anche se cambia l'animale di riferimento,
    Però una storia simile alla ragazza lupo credo venga dall'india: una coppia di sorelle allevate dai lupi. Credo siano state ritrovate intorno agli anni venti.
    Quindi gli spunti sono molti.
    Difficile dire a quale Suzue si è ispirata.
     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    (rosa bianca)

    Group
    Member
    Posts
    1,844
    Reputation
    +83
    Location
    Provincia di Salerno

    Status
    Ed io che credevo si fosse ispirata alla storia Disney di "Tarzan"....certo che ne esistono di fatti al mondo e certe volte ti fanno anche tanto riflettere.... 2qxrseo1
     
    Top
    .
  8.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    (rosa gialla)

    Group
    Fan
    Posts
    2,394
    Reputation
    +174
    Location
    Milano

    Status
    Che notizie interessanti.
    Tral'altro sto proprio a questo punto dell'anime per cui son capitata proprio al momento giusto! XD
     
    Top
    .
  9. FuLlMoOn_DeAtH
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Certamente sono molti gli spunti a cui la Miuchi può essersi ispirata, ci sono varie storie del genere.

    CITAZIONE (Ce Nedra @ 16/9/2012, 23:27) 
    Però una storia simile alla ragazza lupo credo venga dall'india: una coppia di sorelle allevate dai lupi. Credo siano state ritrovate intorno agli anni venti.

    La storia a cui ti riferisci è quella di Amala e Kamala, ritrovate in India nell'ottobre del 1920. Secondo me è più plausibile che sia questa la storia a cui si è principalmente ispirata, poiché abbiamo due sorelle, ma ovviamente in Lande dimenticate ci sono delle differenze, specie per quanto riguarda la riuscita di un tentativo di educazione della ragazzina, cosa che di fatto non è avvenuta nella realtà come, da quello che ho letto, in altre storie simili. Qui di seguito metto il link con la storia dettagliata, ci sono anche alcune foto. Non la scrivo qui in post perché temo di occupare poi troppo spazio.

     
    Top
    .
  10.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    (rosa bianca)

    Group
    Member
    Posts
    1,778
    Reputation
    +138
    Location
    Salerno

    Status
    Qualunque sia stata la fonte d'ispirazione per la miuchi, ha saputo, ancora una volta, creare una pièce teatrale fantastica. Oltre ad essere una storia affascinante e un ruolo perfetto per un carattere passionale come quello di Maya, la genialità della mangaka, secondo me, risiede nel modo in cui ha curato la regia della rappresentazione. Bisogna riconoscerlo pennalenta è un genio!
     
    Top
    .
  11.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    (rosa viola)

    Group
    Daito Art Production
    Posts
    7,535
    Reputation
    +11
    Location
    Sol Levante

    Status
    Ho anche visto nell'anime l'impegno che ci mette Maya per immedesimarsi davvero nella parte!
     
    Top
    .
10 replies since 29/5/2011, 16:08   599 views
  Share  
.
Top
Top